Abbiamo voluto aspettare Barcellona prima di pubblicare una nostra impressione sul momento della Ferrari. Il Gran Premio di Spagna ogni anno è una tappa cruciale della stagione: solitamente al Montmelò vengono fuori i limiti o i pregi dei team, e dobbiamo appurare che ieri abbiamo avuto l’ennesima e incontestabile conferma di questo 2019: la Ferrari è lontana anni luce dalla Mercedes.
Fermi tutti! Il motore della Scuderia di Maranello è fortissimo, molto veloce e prestazionale (e forse finalmente affidabile), ma a quanto pare è tutto il resto a non andare bene. Le Rosse di Vettel e Leclerc (gli unici ai quali non si può dare alcuna colpa di questa debacle) per tutto il weekend hanno perso tra i tre e i sette decimi soltanto nel terzo settore rispetto alla Mercedes e a tratti anche dalla Red Bull. Sintomo questo, a detta di gente nettamente più esperta di chi sta scrivendo, di una grave mancanza di aerodinamica. Sì, perché in trazione la Ferrari sembra addirittura andare meglio della Mercedes nelle curve cruciali di Barcellona, ma il problema a quanto pare sta nel progetto di una macchina nata per andare bene in rettilineo e nei tratti veloci, ma tremendamente sofferente nelle curve lente e a 90 gradi a livello puramente prestazionale. Diciamo che non si è arrivati a quel compromesso che ci si aspetta da un team che in teoria dovrebbe lottare per il titolo, mentre così facendo sembra la Force India di qualche anno fa o la Williams del 2014: stupenda e quasi insuperabile in rettilineo, complicata da sfruttare nei tratti lenti.
Il tutto, purtroppo, si è tradotto anche in una incapacità chiara ed evidente di leggere bene le situazioni all’interno del box e al muretto: tralasciando gli errori al pit-stop (ieri problema alla posteriore sinistra con entrambe le vetture), sembra esserci proprio un ritardo di azione nei confronti di quello che sta succedendo in pista. Mi spiego meglio: ieri sia Vettel che Leclerc si sono rallentati a vicenda (ancora una volta, vedi Shanghai) pur essendo su due strategie diverse, in una danza folle di team order e contro team order per due misere posizioni (perché la Ferrari non può accontentarsi di un quarto e quinto posto, quindi sì, misere). I due piloti, così come suggerito dal collega Roberto Valenti in una sua personalissima rivisitazione di un celebre dialogo tra il ragionier Fantozzi e Filini sul campo da tennis si sono comportati più o meno così:
“Allora collega, che fa? Passi?”
“Passi lei”
“No no, passi lei”
“Insisto”
Nel frattempo Hamilton e Bottas facevano ciao ciao con la manina praticamente dal primo giro. In Ferrari quindi non c’è solamente una grave crisi tecnica in atto, ma anche a livello gestionale ci sono delle lacune non indifferenti: la proprietà, non ce ne vogliano Elkann e Camilleri, non sembra proprio sul pezzo al momento, e il team principal Binotto, insieme alla squadra delle strategie sta facendo un enorme fatica a gestire Vettel e Leclerc, vittime entrambi di team order inutili ai fini del risultato finale e che non fanno altro che innervosirli. Ai piloti non si può dire proprio niente, spingono al massimo una vettura che crea evidente imbarazzo a una tifoseria stanca delle solite parole post gara e vogliosa di vittorie dopo dodici anni di nulla cosmico. L’imbarazzo sta anche nel vedere come la Mercedes faccia quello che le pare, giocando con i suoi avversari come meglio crede. Non lasciano nemmeno le briciole. La Ferrari non può presentarsi ai nastri di partenza tornando indietro di tre anni dopo la tragedia tecnica del 2016 e la bella crescita delle due annate successive. Un enorme salto all’indietro, tutto d’un colpo, ed è inutile persino sperare che questa SF90 possa andare bene in Canada, Austria, Silverstone, Spa e Monza, come se gli avversari stessero a guardare e non abbiano alcuna possibilità di vincere in quelle piste. L’annata è dannatamente compromessa, probabilmente già irrecuperabile, a meno che la Ferrari non riesca a fare doppiette su doppiette fino a Monza e cercando di limitare i danni laddove si presume possa essere sofferente, come in Germania o Ungheria, e soprattutto gestendo al meglio le gare, con chiavi di lettura degne di questo nome, che Abu Dhabi 2010 al confronto sembra la strategia più bella della storia della Formula 1.
In conclusione, c’è delusione nei confronti di un team che ha cambiato tanto durante l’inverno, ma stando ai risultati, non c’è stato quel passo in avanti auspicato, anzi si è tornati indietro clamorosamente. Bisogna rifletterci su, e soprattutto avere umiltà, caratteristica che in Ferrari sembra onestamente mancare al momento. La speranza di vedere un bel mondiale da Montecarlo in poi esiste sempre, ma non prendiamoci in giro più di tanto, perché la Mercedes ha già entrambe le mani sul campionato sia piloti che costruttori, e solo uno tsunami può impedirle di accaparrarsi il sesto titolo consecutivo.