Può essere il 2020 l’anno che sancirà la fine di una IndyCar tutta made in Nord America? Dal 2014 la categoria a stelle e strisce, al fine di contenere i costi, ha preso la decisione di non organizzare più eventi al di fuori dei confini nord americani. Saltata la gara al Sambodromo di San Paolo nel 2014, la IndyCar ha sempre realizzato un calendario volto a premiare le piste statunitensi. L’unica eccezione ha riguardato Toronto, da anni tappa fissa della serie.
Nelle ultime settimane si sono però aperti scenari interessanti, e la IndyCar ha ufficialmente riaperto i canali di comunicazione con le autorità pubbliche di Queensland, Australia. Annastacia Palaszczuk, prima cittadina del luogo, ha infatti rilanciato pubblicamente la volontà di riportare la IndyCar nella Gold Coast per ridare vita alla gara di Surfers Paradise. Il circuito cittadino di Queensland vanta una solida tradizione, avendo ospitato la CART/Champ Car per diciassette stagioni, ed è uscito di scena nel 2008 dopo l’unificazione fra la Champ Car e la Indy Racing League ospitando una corsa non valida per il campionato IndyCar.
“Ho aperto ufficialmente le trattative tra la IndyCar e Queensland riguardo la possibilità di riportare la IndyCar nella Gold Coast nel 2020 – ha affermato la Premier Palaszczuk – Le negoziazioni sono appena iniziate, ma sarebbe bellissimo riuscire a far rivivere un evento storico”.
“Stiamo esplorando la possibilità di organizzare due gare fuori dal Nord America – ha ammesso Mark Miles – Ed è vero che stiamo valutando la fattibilità di un ritorno a Surfers Paradise per il 2020 e gli anni a venire. Stiamo lavorando duramente per arrichire ancora di più i calendari delle prossime stagioni”.