Il Gran Premio di Azerbaijan è stato senza dubbio una delle gare più pazze degli ultimi anni in Formula 1. Un circuito cittadino ostico e davvero strano quello di Baku, che ha saputo regalare delle emozioni davvero inaspettate alla vigilia, soprattutto alla luce di quanto visto nella passata stagione.
Sono tanti gli episodi da commentare, su molti dei quali si intravede lo zampino dell’allegra compagnia guidata da Charlie Whiting, sempre più convinto che il destino di ogni Mondiale di Formula 1 sia perennemente nelle sue mani e nel suo potere decisionale. Ma andiamo con calma.
Il primo episodio a finire “under investigation” è il contatto tra i due finlandesi Bottas e Raikkonen in curva 2, subito dopo la partenza. Iceman affianca il connazionale della Mercedes all’esterno e lo passa in maniera decisa, ma Valtteri cerca fino all’ultimo di non mollare la sua posizione, tagliando con gran parte della sua monoposto sul cordolo e centrando in pieno Kimi, che va a muro. Il risultato è un disastro: mezza Ferrari è completamente danneggiata, con il fondo che si disintegra letteralmente sul lato sinistro e con la sospensione posteriore destra che regge per miracolo all’impatto con le barriere. La Mercedes, invece, danneggia l’alettone anteriore, parte della fiancata e buca la gomma anteriore destra, tant’è che Bottas è costretto a fare tutto il giro ad andatura controllata per rientrare ai box e ritornare in pista doppiato praticamente da tutti.
Qualche giro dopo l’episodio, la Direzione Gara decide di aprire l’investigazione su quanto successo nelle fasi concitate della partenza. La penalità per Bottas sembra dietro l’angolo, al di là della discutibilità o meno sulla sanzionabilità dell’incidente. Negli ultimi anni, infatti, la FIA ci ha abituato ad una mano pesante in queste situazioni, dando sanzioni a volte inaspettate in episodi molto meno controversi di quello che stiamo analizzando. Il collegio dei commissari, però, prende tempo, troppo tempo, senza far sapere la propria posizione circa l’incidente, tant’è che dopo una decina di giri la gara di Bottas si riapre quasi miracolosamente, grazie alla Safety Car causata dallo stop della Toro Rosso di Kvyat subito dopo la curva 10. Con Bottas che si sdoppia e si accoda al gruppo, la gara si preannuncia decisamente più movimentata e allora: perché penalizzarlo proprio adesso? Ecco che, in questo momento, è come se la Federazione si dimenticasse completamente dell’accaduto, e infatti non viene nemmeno comunicato il tradizionale messaggio “No further action”, ovvero nessun provvedimento per i piloti coinvolti nell’incidente, se non dopo l’esposizione della bandiera rossa.
Il secondo episodio controverso della gara di Baku di cui se ne parlerà molto anche nel prossimo futuro, riguarda sempre un contatto tra una Mercedes e una Ferrari, ma stavolta i protagonisti sono i due principali contendenti al titolo, Sebastian Vettel e Lewis Hamilton. Durante la seconda Safety Car, richiamata in pista per la presenza di alcuni detriti sparsi lungo il tracciato, l’inglese sta scaldando freneticamente le gomme poco prima della ripartenza e, nell’intento di prendere metri dalla vettura di sicurezza, rallenta eccessivamente in uscita dalla penultima curva, venendo tamponato dal rivale tedesco. Sebastian inizialmente alza entrambe le mani fuori dall’abitacolo, lamentandosi platealmente per quanto accaduto, poi affianca la Mercedes di Lewis e gli dà una “ruotata” sull’anteriore continuando a protestare.
Ora, prima di cadere in qualsiasi equivoco, è bene sottolineare che la penalità inflitta a Vettel è oggettivamente corretta a parere di chi scrive. Il comportamento del tedesco è stato giustamente paragonato da molti ad un “fallo di reazione” tipico del calcio e va sempre e comunque condannato, a maggior ragione perché commesso da un pilota che ha sulle spalle la bellezza di quattro titoli mondiali, ma anche qui le modalità e le tempistiche con cui la sanzione è stata inflitta, oltre alla totale immunità concessa a Hamilton sono decisamente da rivedere.
L’annuncio dei 10 secondi di Stop&Go da scontare entro tre giri arriva, guarda caso, proprio mentre Hamilton sta rientrando ai box a causa del malposizionamento del suo poggiatesta, che non è stato fissato bene prima della ripartenza dopo la bandiera rossa e si sta staccando lentamente, tant’è che l’inglese è stato costretto a tenerlo fermo con il casco e le mani nei due giri precedenti alla sosta. E, guarda caso, i dieci secondi inflitti a Vettel vanno a bilanciare lo stop extra dell’inglese, in modo tale che i due contendenti al titolo si ritrovano nuovamente a contatto a tre giri di distanza, anche se in settima e ottava posizione. Il tutto è avvenuto pur essendoci stata un’interruzione importante della gara, durante la quale gli stewards hanno avuto tutto il tempo per prendere decisioni sull’episodio senza attendere successive evoluzioni.
Passando, invece, al comportamento di Hamilton prima della ripartenza, ci rifacciamo all’articolo 39.13 del regolamento sportivo, non certo esente da interpretazioni, secondo cui “nel momento in cui la Safety Car spegne le luci arancioni, segnalando così il suo rientro ai box al termine del giro e la ripresa della gara, il leader della corsa deve procedere a un ritmo che non comporti alcuna accelerazione o frenata irregolare, e non deve fare una qualsivoglia manovra che possa mettere in pericolo gli altri piloti o impedire la fase di ripartenza”.
Alla luce di quanto descritto finora, l’idea di un burattinaio che dall’alto muove le marionette del Circus iridato a suo piacimento continua ad aleggiare nell’aria, anche se si tratta solo di sensazioni a cui non seguiranno mai delle conferme. D’altronde, però, a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca.