21 anni in Formula 1, 345 gare disputate, 0 vittorie e pole position e podi, 1 prima fila, 38 punti iridati. Questi sono solo alcuni numeri riguardanti una scuderia italiana, che pur con pochi mezzi economici, ha lottato con le unghie e con i denti nella più importante categoria motoristica mondiale, in alcuni casi riuscendo a stare davanti anche a squadre molto più blasonate: stiamo parlando della Minardi. In questo articolo ripercorriamo la prima parte della storia della squadra fondata da Giancarlo Minardi.
Nel 1984 la Minardi, che allora correva anche in F2 con ottimi risultati, costruisce una vettura ibrida dotata di un V8 Alfa Romeo. L’obiettivo è quello di essere presenti al campionato del mondo di F1 1985. La Minardi, però, rischia seriamente di non potersi iscrivere al mondiale: l’Alfa Romeo si rimangia la promessa fatta a Giancarlo Minardi e decide di non fornire i suoi propulsori al team di Faenza. La Minardi, però, trova un’ancora di salvezza nella Motori Moderni di Carlo Chiti. Tuttavia, per realizzare il motore V6 turbo ci vogliono dei mesi, quindi la Minardi è costretta a correre i primi gran premi col V8 aspirato Cosworth.
Il debutto in F1 della Minardi avviene nel GP del Brasile 1985: al volante c’è Pierluigi Martini, pilota che diverrà un simbolo del team di Faenza. Martini, in qualifica, è ultimo a 16 secondi e mezzo dalla pole di Alboreto, mentre in gara si ritira dopo una quarantina di giri per la rottura del propulsore Cosworth. Alla terza gara, quella di Imola, c’è il debutto del motore turbo sulla Minardi, ma nemmeno questo permette a Martini di arrivare al traguardo. Il 1985 prosegue con una sfilza di ritiri: la Minardi vede la bandiera a scacchi solo in tre occasioni, e il miglior piazzamento è un ottavo posto nel GP d’Australia.
Nel 1986 la Minardi inizia a schierare in pista due vetture (nelle prime gare la Minardi utilizzerà la macchina dell’anno precedente, ndr), e le affida agli italiani Andrea De Cesaris e Alessandro Nannini. Anche questa annata scorre senza acuti: la Minardi guadagna qualcosa in velocità, ma soffre la cronica mancanza d’affidabilità. De Cesaris e Nannini finiscono solamente una gara, quella del Messico, che vede De Cesaris ottavo a 2 giri e Nannini quattordicesimo a 4 giri.
Il 1987 vede la Minardi progredire dal punto di vista delle prestazioni: Nannini naviga spesso a centro gruppo, e anche Adrian Campos riesce spesso a mettersi dietro diversi avversari, ma Nannini deve attendere 8 gran premi prima di concludere una corsa. Il pilota italiano riesce comunque a sfruttare la Minardi come trampolino di lancio verso la Benetton: Giancarlo Minardi, decide allora di sostituirlo con Luiz Perez Sala. Adrian Campos viene confermato anche per l’88.
Il 1988 vede la Minardi passare ai motori Cosworth. La M188 è un passo in avanti notevole rispetto al modello precedente, soprattutto in termini di affidabilità, tanto che Sala, nelle prime cinque gare della stagione, arriva alla fine in tre occasioni. Campos, però manca la qualificazione tre volte di fila, e Minardi lo appieda e di richiama Pierluigi Martini. La scelta si rivela azzeccatissima: a Detroit, Martini conduce una gara accorta e regolare, arriva sesto e centra il primo punto iridato della storia della Minardi. Nella parte centrale della stagione la competitività della vettura inizia a vacillare, tant’è che Martini e Sala non riescono a qualificarsi né in Germania, ne in Belgio. Nel finale di campionato la Minardi risale la china: Martini si qualifica quasi sempre a metà classifica, e ad Adelaide giunge settimo, mentre Sala chiude il GP del Portogallo all’ottavo posto.
Nel 1989 la Minardi conferma la coppia di piloti: cambia solamente il fornitore di gomme. La Minardi sceglie infatti la Pirelli al posto della Goodyear. La stagione non inizia nel migliore dei modi: la squadra emiliano-romagnola non termina nessuno dei primi sette GP. La svolta arriva a Silverstone: Martini e Sala si qualificano undicesimo e quindicesimo, ma il bello arriva in gara, dove entrambi colgono punti iridati giungendo al quinto e sesto posto, con un giro di ritardo dal vincitore Alain Prost. Nella gara successiva, Martini compie una buona qualifica e lotta ancora per i punti. La macchina si rivela discretamente veloce per tutto il resto della stagione. L’exploit arriva in Portogallo: Martini, in qualifica, strappa un incredibile quinto tempo, e in gara concede il bis terminando quinto. In Spagna, al sabato è addirittura quarto, ma in gara ha un incidente e si rompe una costola. In Giappone lo sostituirà Paolo Barilla. Martini torna ad Adelaide, per l’appuntamento conclusivo del campionato, e riprende da dove aveva lasciato: in qualifica è terzo a meno di due decimi da Alain Prost e nel warm-up è addirittura secondo. Purtroppo per la Minardi, un paio d’ore prima della gara inizia a diluviare ad Adelaide. La gara si svolge su una pista completamente bagnata e le gomme Pirelli non risultano competitive come quelle degli avversari: l’unico gommato Pirelli che arriva al traguardo è Martini, sesto a tre giri da Boutsen, che nelle prime fasi di gara si trovava alle spalle del pilota della Minardi.
Per il 1990 la Minardi si affida sempre a Martini, mentre Paolo Barilla rileva il sedile di Sala. Alla prima gara, il team di Faenza presenta la monoposto precedente, aggiornata ai nuovi regolamenti. Tuttavia, la M189B è una scheggia a Phoenix: Martini si qualifica secondo e la pole sfuma proprio allo scadere del tempo, cortesia di Gerhard Berger. Alla partenza, Martini non ha un grande spunto, e alla prima curva è in quinta posizione. Il pilota della Minardi non riesce a trovare il ritmo che aveva sabato, e chiude ai margini della zona punti. In Brasile arriva un altra buona qualifica di Martini, che è ottavo, ma anche stavolta la Minardi termina la domenica senza punti. La vettura è buona, abbastanza affidabile, ma non permette a Martini e Barilla di ottenere punti.
Nel 1991 la Minardi decide di partire fin da subito con una nuova macchina, la M191. Alla realizzazione del progetto contribuiscono in maniera rilevante due giovani tecnici: Aldo Costa e Gabriele Tredozi. La Minardi termina il rapporto di collaborazione con la Cosworth e stipula un contratto annuale con la Ferrari per la fornitura dei motori V12 della scuderia di Maranello. La coppia di piloti è formata dal confermatissimo Martini e da Gianni Morbidelli. Nei primi due GP la Minardi non eccelle in qualifica, ma Martini naviga in zona punti a Phoenix, prima di ritirarsi per la rottura del motore.
A Imola, però, Morbidelli e Martini si qualificano in ottava e nona posizione, e dopo pochi giri sono dietro solo alle McLaren e alle Tyrrell. Purtroppo, sulla vettura di Morbidelli cede il cambio, ma Martini non accusa problemi e chiude in quarta piazza. Eccezion fatta per il GP di Germania e quello del Giappone, la Minardi riesce sempre a portare al traguardo almeno una macchina, a dimostrazione del raggiungimento di un buon livello di affidabilità. Tuttavia l’elevato costo del motore Ferrari costringe Giancarlo Minardi a rivedere il budget a disposizione, apportando dei correttivi contrattuali ai piloti, e anche le risorse per il miglioramento della vettura ne risentono. Nonostante ciò, al quartultimo gran premio del 1991, quello del Portogallo, Martini strappa una quarta fila e in gara sfiora addirittura il podio, giungendo quarto alle spalle della Ferrari di Alesi.
Grazie ai due quarti posti di Martini, la Minardi si piazza al settimo posto nel mondiale costruttori, che rappresenterà il miglior risultato di sempre per la scuderia di Faenza. Il piazzamento non potrà mai essere replicato soprattutto per i limitati mezzi economici della Minardi, che non può più permettersi i motori Ferrari: nel 1992 ci saranno i motori Lamborghini a spingere la M192.
LA NASCITA E LA CRESCITA DELLA MINARDI – TRATTO DA “I SIGNORI DELLA F1” (Sky Sport)
TO BE CONTINUED…