Eddie Irvine ricorda sempre con piacere i quattro anni trascorsi in Ferrari. A Maranello il pilota nord-irlandese ha colto i risultati più importanti della sua carriera, con l’apice delle quattro vittorie nel 1999 e il secondo posto nel mondiale piloti a due punti di distacco da Mika Hakkinen.
Un mese e mezzo fa Irvine, interloquendo con gli utenti di motrosport-total.com, ha espresso diversi pareri sull’ultimo mondiale di F1. Una delle riflessioni più interessanti ha però riguardato il periodo trascorso da Irvine in Ferrari, nell’epoca in cui si stava creando e amalgamando quel gruppo di lavoro che avrebbe poi dominato la F1 tra il 2000 e il 2004.
Ricordando quell’era nella scuderia del Cavallino, complice un’osservazione che accostava la Ferrari di fine anni ’90 e quella attuale, Irvine ha detto: “All’inizio del progetto non è stato Schumacher a creare la grande Ferrari: il merito va attribuito a Jean Todt. Schumacher era il miglior pilota al mondo e Todt ha assunto i migliori uomini da mettere vicino a Schumacher, e lui ha tirato fuori tutto il possibile e anche di più dalla macchina. Tutte quelle voci sul fatto che le strategie le facesse Schumacher, e che facesse questo o quell’altro, sono ca**ate. Così come che la strategie di Brawn fossero geniali a prescindere. Le strategie le faceva Brawn, e funzionavano perché Schumacher era eccezionale. Todt era il genio dietro la Ferrari, non Schumacher. Lui ha portato il potere politico derivante dal fatto di essere il pilota più forte e ha protetto Todt e gli ha permesso di lavorare, dandogli il tempo necessario per attuare la sua strategia di lavoro. Todt proteggeva l’ambiente dai cambiamenti d’umore di Montezemolo e ha portato alla Ferrari i migliori tecnici sulla piazza. Inutile fare paragoni tra la Ferrari di adesso e quella dell’epoca: oggi la Ferrari non ha gli uomini migliori”.