Per spiegare perché la Formula 1 continui a perdere appeal rispetto alla Moto GP basta prendere questo weekend come esempio. Ad Assen i piloti del Motomondiale ci hanno regalato una gara da incorniciare, fatta di sorpassi, emozioni, staccate al limite e cuori pulsanti. L’arrivo della pioggia ha esaltato ancor di più i centauri più veloci del pianeta, e la direzione corsa non ha minimamente pensato di obbligare i piloti al cambio moto.
In Azerbaijan è invece andato in scena un Far West, coi giudici di gara che prima spariscono e poi ricompaiono. Con safety car non mandate in pista, e poi chiamate in fretta e furia per un nonnulla. Commissari esperti, tra i quali anche italiani, chiamati a Baku e costretti a lavorare con colleghi incapaci, che sventolano bandiere verdi sotto virtual safety car (successo nelle categorie minori) e che ci mettono quattro giri per rimuovere una vettura ferma. Piloti che si fanno giustizia da soli. Giudici che interpretano il regolamento a loro piacimento, e che riescono a cambiare linea guida più volte nell’arco di una gara. Quella di Baku è stata una gara scandalosa. Illogica, e sfuggita dalle mani di Whiting e soci fin dalla partenza. Un Whiting da galera quello che ha diretto questa schifezza di gara.
Come si fa a non penalizzare Bottas per l’incidente con Raikkonen? Il pilota della Mercedes sbaglia totalmente traiettoria, rimbalza sul cordolo e centra in pieno il ferrarista, mandandolo a muro. Non si sa come abbia fatto a reggere l’urto la SF70H, ma non è una giustificazione a una mancata penalità. Perfino Lauda ha attribuito al suo pilota tutte le responsabilità dell’accaduto. Inoltre l’incidente, oltre che evitabile, è provocato dall’attitudine zerbinesca del finlandese, che fa di tutto per frenare presto alla prima curva pur di non creare problemi ad Hamilton. E anche in accelerazione è fin troppo tranquillo. Raikkonen cosí si avvicina, e Bottas alla seconda curva, dato che non ha Hamilton vicino, fa una staccata fin troppo ritardata pur di proteggere la sua posizione e la leadership del compagno. Seconda volta che Voucher, per non rompere le scatole al numero 1 di casa Mercedes, è fin troppo remissivo nelle prime fasi di gara per poi tirare all’improvviso staccatone senza senso. E come in Spagna a farne le spese è Raikkonen. E anche stavolta Bottas l’ha passata liscia.
Al via è molto al limite anche la manovra di Kvyat, che torna in pista come se non ci fosse nessuno. A rimetterci è Sainz, che scarta bruscamente per evitarlo e si gira. Il russo poi si ritira, parcheggia la macchina a bordo pista e per più di due giri, sebbene non siano vicine le vie di fuga, la gara prosegue. In uno dei punti più stretti della pista i piloti vengono fatti correre liberamente (ok, c’era la bandiera gialla) con una macchina ferma. Poi finalmente si manda in pista la safety car. La direzione corsa pare molto permissiva e desiderosa di lasciar scorrere la gara a Baku, ma quandi Raikkonen perde un detrito e subito si richiama in pista la safety car. Nemmeno in IndyCar, categoria dove le caution spuntano come funghi, si chiamano neutralizzazioni della gara così ad minchiam.
Poi ecco lo show di Whiting e company. Hamilton frena all’uscita di una curva lenta sotto safety car, scalando da 90 a 49 km/h. Vettel si fa cogliere di sorpresa, e tocca l’avversario. Il pilota della Ferrari, da novello Germano Mosconi, risponde con una ruotata. La direzione corsa, complice anche una bandiera rossa, ha tutto il tempo per decidere cosa fare, eppure aspetta che la gara riprenda, e attende ancora molti giri. Ma cosa c’è da aspettare, con tutte le immagini a disposizione?
A termini di regolamento, Hamilton poteva essere penalizzato. L’abbiamo scritto ieri e lo ripetiamo oggi. L’articolo 39.13 del regolamento sportivo, recita: “dal momento in cui la safety car spegne le luci arancioni, segnalando così il suo rientro ai box al termine del giro e la ripresa della gara, il leader della corsa deve procedere a un ritmo che non comporti alcuna accelerazione o frenata irregolare, e non deve fare una qualsivoglia manovra che possa mettere in pericolo gli altri piloti o impedire la fase di ripartenza”. Dall’onboard che mostrava i dati di velocità di punta, accelerazione e frenata, si vedeva Hamilton premere il freno all’uscita della curva, e passare da 90 a 49 km/h. Dimezzare la velocità in uscita da una curva lenta è andare ad andatura regolare? La FIA ha scelto diversamente. E per il sottoscritto ha sbagliato. Anche perché Hamilton si è comportato allo stesso modo nella ripartenza successiva, addirittura stringendo quasi Vettel a muro. Il pilota della Mercedes ha tenuto la stessa condotta di qualche giro prima, una condotta che aveva provocato un contatto, e che si era rivelata pericolosa.
Non solo: Hamilton è stato graziato pure nel momento in cui stava per perdere l’headrest. Per diverse tornate il pilota inglese ha potuto guidare con una mano attaccata al volante e una a spingere giù il poggiatesta, senza vedersi esposta la bandiera nera col pallino arancione. Ad oggi non ci risulta che suddetta bandiera sia sparita dal regolamento. Ma a Whiting la sicurezza sta a cuore, sia chiaro! Già! Tra l’altro: un headrest fissato male poteva benissimo creare i presupposti per una sanzione da unsafe release. Anche qui Whiting però non ha battuto ciglio. Hamilton esce immacolato in entrambe le circostanze, quando poteva benissimo venire sanzionato con uno stop and go senza scandalo alcuno. E nel frattempo la scampa pure Ocon, che chiude da killer sul compagno di squadra Perez. Pennichella time in direzione corsa: ormai in pista vale tutto. Perez verrà poi penalizzato per altre vicende, dopo aver accusato un giro di ritardo.
Vettel a fine gara fa il finto tonto, e dice che non sa perché è stato penalizzato. Seb lo sa benissimo, e gli è andata anche bene, perché una direzione corsa seria avrebbe esposto al pilota della Ferrari la bandiera nera. Non esiste farsi giustizia da sé in mezzo alla pista, e non a ruotate che si ragiona. Vettel è stato provocato, ma non è che per questo può comportarsi come Bush che si mise a fare gli sgommoni nel giardino di Homer Simpson per vendicarsi dello scherzo della “parrucca della pace”. Un quattro volte campione del mondo non può comportarsi in questo modo, e con questo “fallo di reazione” si è giocato la vittoria, alla luce dei guai di Hamilton col poggiatesta. E gli è pure andata bene di aver portato a casa più punti del rivale nella rincorsa al titolo. Punti che non sarebbero mai arrivati se avesse preso la meritata bandiera nera. Tra l’altro è da notare il tempismo della penalità a Vettel, giunta proprio mentre Hamilton andava ai box per risolvere il problema al poggiatesta. Viene quasi da pensare che il ferrarista, senza il guaio di Hamilton, non sarebbe neanche stato penalizzato.
Tranquilli. Nel frattempo Whiting si sveglia dalla siesta, si ricorda che esiste il regolamento, e lo applica. Su Raikkonen. Preso dentro da tutti, quasi mandato in pista senza volante alla ripartenza, e pure penalizzato. E poi c’è chi si lamenta del suo rendimento.