E’ possibile che nel 2017, con vetture iper tecnologiche e passi in avanti incredibili in materia di sicurezza, non si riesca mai a vedere una sessione di qualifiche e di gara lineare in caso di pista bagnata? E’ possibile che se c’è acqua in pista la direzione corsa posticipi di quindici minuti in quindici minuti una sessione di qualifica? E’ possibile continuare a ritardare l’ingresso in pista delle vetture a causa della volontà di rispettare suddette finestre, anche se in alcuni casi appare evidente che esistano materialmente le condizioni per ripartire?
Evidentemente sì. Basta prendere quanto successo negli ultimi anni in qualsivoglia sessione di qualifica o gara in Formula 1. E a Monza è arrivata l’ennesima dimostrazione: la F1 ormai non può più correre se la pista è molto bagnata, e soprattutto se a prendere tutte le decisioni è l’ormai pensionando Charlie Whiting. Un Whiting che è sempre più in versione Waiting. Aspetta, aspetta e aspetta ancora. Solo che non aspetta Godot, ma la fine della pioggia. Perché nel 2017, per la F1 l’acqua è diventata un problema senza soluzione, e non una variabile difficile, ma non impossibile da decifrare.
Intendiamoci: sabato le condizioni di una parte della pista a Monza erano critiche, col rettilineo pieno di pozzanghere, mentre il tratto che andava dalla variante della Roggia alla Ascari era bagnato, ma praticabile. La sospensione delle qualifiche ci poteva anche stare. Quello che non si capisce è perché sia stato dato l’ok per partire, visto che l’acqua in pista non è cambiata dallo start al botto di Grosjean. E non si comprende perché si sia dovuto attendere un incidente per fermare tutto! Poi Whiting ha mandato in pista la safety car, rinviando l’azione in pista di quindici minuti in quindici minuti, anche quando le condizioni erano migliorate. E poi si è fatto disputare un Q3 con un tracciato bagnato quasi più che nel Q1, quando si era deciso di fermare le qualifiche! E purtroppo questo teatrino osceno quando piove, è destinato a continuare. Perché Whiting lo conosciamo, e sappiamo benissimo che teme l’acqua manco fosse Equitalia.
Intanto è terminata da poco l’ultima gara del campionato Indy Lights. Sull’affascinante circuito di Watkins Glen, i quattordici giovani piloti della categoria propedeutica alla IndyCar si sono dati battaglia su una pista bagnatissima, roba da far sembrare quelle scese a Monza ieri due gocce d’acqua. La gara è stata interrotta solamente da una caution per un botto di Kellett e da una bandiera rossa necessaria per rimuovere i detriti della sua monoposto e per togliere un po’ d’acqua in uscita dalla Bus Stop. La corsa è ripresa velocemente, e si è conclusa senza ulteriori pause, con la meritatissima vittoria di Telitz.
Perché sul bagnato si può correre. Basta volerlo. E basta applicare dei correttivi a un regolamento che disincentiva a disputare una gara con la pioggia. Perché con la regola del parco chiuso e i pochissimi set di gomme da bagnato e intermedie a disposizione dei piloti, si fa di tutto per rendere pericolosissimo correre con la pioggia. Quella pioggia che una volta era attesa da tutti gli appassionati, poiché rimescolava tutto, e permetteva ai piloti “col manico” di inventarsi qualcosa. E grazie a Whiting e alla FIA, adesso si spera sempre che non piova, per non assistere a spettacoli imbarazzanti come quello delle qualifiche di Monza.