Push to Pass | Jenson Button, il campione “normale”
19 Gennaio 2015 - 11:33
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Una carriera iniziata con grandi aspettative. Poi le mazzate, la rinascita, la prima vittoria, e in seguito l’inizio di una parabola discendente, culminata con l’uscita di scena della Honda dalla F1. Per Jenson Button ormai sembrava finita, sportivamente parlando. Ma ecco che si presenta l’occasione della vita con la BrawnGP, e il “Paracarro” (cit. Briatore) la sfrutta, conquistando il titolo e aprendosi le porte, pardon, le sliding doors, della McLaren. Una storia che ricorda quella di un altro Button, Benjamin Button, personaggio interpretato da Brad Pitt nel film Il curioso caso di Benjamin Button. 

A volte gli appassionati di F1, ma anche gli addetti ai lavori, tendono ad avere una memoria troppo corta e a ricordarsi solo gli ultimi avvenimenti riguardanti un pilota. Anche per questo motivo, nel 2009, Button venne definito da Briatore “Paracarro”. Dopo due anni terribili con la Honda, e per colpe non sue, vedere Button dominare il campionato sulla stratosferica Brawn GP portava gli appassionati a sminuire le sue performance, anche a causa del tanto discusso doppio diffusore della Brawn GP-Mercedes. Eppure nel passato Button aveva mostrato ottime qualità: a punti alla seconda gara in carriera con la Williams, Gran Premio del Brasile 2000, velocissimo sulla BAR Honda nel 2004, quando finì il campionato in terza posizione con ben dieci podi all’attivo, e anche nel 2005. Spietato finalizzatore all’Hungaroring nel 2006, quando sfruttò tutte le circostanze esterne e colse la sua prima vittoria in carriera. Eppure lui per molti, nel 2009, era il “Paracarro” e non un pilota veloce con una visione di gara spesso vincente, come poi si è dimostrato essere.

Riuscire a cambiare l’opinione radicata nei fan è difficile, eppure Button ce l’ha fatta. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di lui nel confronto con Lewis Hamilton, quando Jenson, da campione del mondo 2009 decise di lasciare la Brawn GP per accasarsi alla McLaren. Eppure Button, in tre anni, ha accumulato più punti di un campione come Hamilton. Quel Button “paracarro”, che nel 2010 è salito alla ribalta del Circus come il “pilota intelligente”, quello più bravo nello scegliere la strategia nelle gare caotiche e con condizioni climatiche mutevoli. Le meritate vittorie a Melbourne e Shanghai sono un’evidente prova di ciò. Nel 2011, con l’arrivo in F1 delle gomme Pirelli ad alto degrado, Button si è distinto come uno dei migliori nel gestire il consumo delle gomme, e a volte è riuscito a rimontare grazie a questa sua qualità.

Nel corso degli anni la sua velocità in qualifica è via via diminuita: basti pensare che nel 2011 il confronto con Hamilton è stato un desolante 4-15 al sabato. Ma è alla domenica che Button ha spesso dimostrato tutto il suo valore e la sua velocità e proprio in quel 2011 è stato spesso più efficace di Hamilton. E non solo grazie alle circostanze esterne sono arrivate le sue affermazioni. E’ vero: in Ungheria ha vinto sfruttando ancora una volta con abilità il tempo variabile, ma in Canada, sotto la pioggia, ha rimontato dal fondo contro tutto e tutti, facendo una gara a dir poco spettacolare. Forse la gara più bella e “pazza” della sua lunga carriera, con tanto di ruotate rifilate prima a Hamilton, spedito contro il muretto dei box, e poi ad Alonso. E in Giappone, nel giorno del secondo di titolo di Vettel, a festeggiare sul gradino più alto del podio c’era lui, Jenson Button. Poi nel 2012 ci sono stati momenti difficili, ma anche tre bellissime vittorie, l’ultima delle quali, nel Gran Premio del Brasile, è al momento anche l’ultimo acuto della McLaren.

La McLaren ha vissuto una profonda crisi tecnica negli ultimi due anni, ma nonostante la macchina non fosse un granché, Button ha spesso fatto vedere di essere ancora un pilota di valore. Il 2014 sembrava essere l’ultimo anno in F1 per lui, con Kevin Magnussen forte dell’appoggio di Ron Dennis e Fernando Alonso in procinto di tornare a Woking. Un 2014 iniziato anche nel peggiore dei modi, con la morte del padre John, al quale Jenson era molto legato. E invece Button ha demolito Magnussen nel confronto diretto: 126 punti contro 55. Con una McLaren non eccellente, Button è riuscito ad arrivare ben 7 volte nella Top 5, con un podio assegnatogli a tavolino a Melbourne. La più bella soddisfazione è arrivata a Silverstone, con il terzo posto in qualifica sulla pista di casa, nel weekend in cui tantissimi spettatori si sono presentati al circuito con una maglia rosa, in ricordo di John Button, che era solito portare una camicia rosa. Da brivido l’ovazione che il pubblico ha riservato a Button nel momento in cui è sceso dalla monoposto dopo le qualifiche.

Grazie all’ottima stagione Jenson si è guadagnato la riconferma in McLaren anche per il 2015. Per l’ennesima volta, quando ormai tutti lo davano per spacciato, non si è dato per vinto, facendo vedere ancora una volta di che pasta è fatto. Probabilmente non quella di un campione, ma quella di un pilota molto capace e intelligente. Un pilota che non ha il talento puro di un Hamilton o di un Vettel, ma che conosce bene i propri limiti, e alla luce di questi sa come gestirsi al meglio. Un campione “normale”. Perché: “L’importante è non pensare mai di essere il migliore, ma impegnarsi sempre per diventarlo”.