Nell’anno 1999 il mondo delle “sportscar” viveva uno dei massimi picchi di notorietà. La categoria GT1 aveva regalato al mondo del motorsport alcune tra le più iconiche vetture racing di sempre. Il regolamento, a grandi linee, richiedeva come base di partenza delle vetture “stradali” vendute in almeno 25 esemplari fortemente modificate poi per la pista. In pratica dei veri e propri prototipi camuffati, che riprendevano nell’estetica le auto di serie dalle quali derivavano. Un po come le attuali Mercedes, BMW, e Audi da DTM, ma molto più potenti ed estreme. Molte furono le case costruttrici interessate a quella tipologia di vetture, oltre che alle barchette ( primordiali LMP ), tant’è che a Le Mans in quegli anni si poteva assistere a duelli per la vittoria tra: Toyota, BMW, Mercedes, Porsche, Audi, Nissan e Panoz. Col passaggio alle solo LMP dall’anno 2000, molte case lasciarono quella categoria e Le Mans, concentrandosi su campionati più rappresentativi per il proprio marchio e la propria produzione di seria, il che, considerando che negli ultimi anni 90 le case producevano praticamente 25 prototipi “stradali” ma di fatto inutilizzabili solo per ricevere l’ammissione con auto già di base estreme, ridusse di non poco i loro investimenti sportivi. Da li nacque il mondo dell’endurance come l’abbiamo conosciuto fino al 2012, quando fu istituito il WEC, mondiale che ha poi attirato sempre più case ufficiali nelle gare di durata. In realtà già prima, con l’arrivo di Peugeot in LMP1 qualcosa era cambiato, visto i precedenti anni che vedevano Audi contro schiere di privati. La denominazione di mondiale, ha però aperto le porte ad un campionato a se che potesse racchiudere le migliori case ufficiali, divise tra GT e prototipi.
Con la dipartita di Audi, il mondiale endurance si è ritrovato improvvisamente in una situazione di stallo, che mi ricorda molto quella precedentemente accennata del 1999. Ovviamente questa volta a lasciare è stato un solo marchio, anche se di gran lunga il più importante e rappresentativo, ma l’incertezza per il futuro è la stessa di sedici anni fa. Per quanto Porsche e Toyota si accontenteranno di gareggiare tra di loro, con programmi sportivi costosissimi, come le attuali LMP1-Hybrid? La risposta è ovviamente poco, per quanto la sfida sia di altissimo livello. Inoltre, per quanto ACO e FIA, si accontenteranno di avere solo quattro prototipi della top class a contendersi il mondiale? Ancora meno, anche perchè a quel punto saranno gli appassionati a farglielo capire…! La risposta potrebbe essere, non volendo, già arrivata in questi ultimi mesi. Le nuove LMP2! O meglio, il regolamento che la nuova categoria di prototipi di “seconda fascia” propone. Le case automobilistiche non possono più “giustificare” investimenti enormi, almeno non con questi ritorni mediatici, che gare di almeno sei ore non avranno mai purtroppo. Inoltre la maggior parte dei costruttori sta puntando sempre più sul full-electric, e non sull’ibrido, chiave delle power-unit di LMP1 e Formula 1. Da ciò ne deriva un’incredibile mobilitazione di massa verso quell’obbrobrio sportivo ( mi lascerete passare il termine ) che è la Formula E, ma ( piccolo spoiler ) di questo parleremo nel prossimo appuntamento. I nuovi regolamenti LMP2, che entreranno in vigore dal 2017, prevedono delle semplici regole: una scocca ed un aerodinamica creata dai quattro “telaisti” scelti da FIA e ACO, ed un motore Gibson da circa 600 cavalli. Ovviamente nessuna casa costruttrice gareggerebbe con un prototipo costruito altrove, ma soprattutto con un motore di un’altro marchio. E qui viene in aiuto quello che è stato fatto nel campionato americano IMSA. Come sappiamo, da quest’anno anche le DP ( Daytona Prototype ) si baseranno sui quattro telai LMP2, ma con delle “finestre libere”. Per primo l’estetica dei DPi, questo il nome della categoria dal 2017. Costruttori come Mazda e Cadillac hanno potuto intervenire sul design dei loro prototipi, personalizzandoli fortemente, e rendendoli più riconoscibili e simili alle vetture del marchio. Secondo e fondamentale punto, i nuovi DPi possono sostituire il propulsore unico imposto per le classiche LMP2. Tant’è che sulle Cadillac, che a gennaio punteranno alla 24 ore di Daytona, è stato montato un enorme 6.0 v8 da 600 cavalli derivato dal suv Escalade, mentre sulla mazda un piccolo 2.0 quattro cilindri turbo con potenza simile. Questo regolamento potrebbe essere applicato anche nel WEC, magari non con le LMP2 ma con la futura LMP1 non ibrida. Ciò renderebbe molto più alto l’interesse di case e team non attratti dalla sfida dell’ibrido, soprattutto dal budget utile a sviluppare tale tecnologia. Una LMP1 “personalizzabile” sarebbe molto meno onerosa ed impegnativa da gestire.
Naturalmente ciò non garantirebbe il ritorno in massa delle grandi case costruttrici, perchè non sarebbe accettabile per un marchio, essere due o tre secondi al giro più lenti di Porsche e Toyota. Come non sarebbe accettabile agevolare troppo le LMP1 non ibride in termini prestazionali, visto che a quel punto, le case impegnate con l’ibrido spenderebbero molti più soldi per risultati simili a vetture molto meno complesse. Questa idea di una LMP1 “classica” agevolata, è quella accennata più volte dai dirigenti di Peugeot Sport, interrogati su un possibile ritorno a Le Mans. Avremmo insomma una categoria di prototipi economica e competitiva come le nuove LMP2, perfetta per team con budget non esagerati, ed una ipotetica LMP1 accessibile per team e case che vogliono puntare al top della categoria senza dover investire una fortuna in ricerca e sviluppo. Attualmente il regolamento dei prototipi 1 è congelato fino al 2019, segno che ACO e FIA vogliono studiare e calcolare bene il da farsi. Spero colgano il già tangibile successo che stanno ricevendo le nuove LMP2, in versione classica ma soprattutto DPi. Riuscendo così a spostare l’attenzione di marchi storici come BMW, Peugeot ed altri, su sfide più “affascinanti” delle già bellissime ed interessanti GTE. Ovviamente in questa fase di transizione, più che le nostre disamine, saranno decisivi gli incontri tra organizzatori e case automobilistiche, sperando che quest’ultime puntino più alle classiche del motorsport, che a mere esibizioni di “marcketing sportivo”.