MARC MARQUEZ, 10 e lode – “Non è forte chi non cade, ma chi cadendo ha la forza di rialzarsi“? Baggianate, per il #93. Lui e la Fisica hanno sottoscritto un patto segreto per aggirare teoremi e postulati validi da secoli provocando, ad ogni salvataggio, numero o impresa, uno strabuzzamento generale di spettatori, addetti ai lavori e piloti stessi. L’unico, ad ora, capace di alzare l’asticella in maniera così segnante. L’unico, sin ora, a potersi permettere il lusso di spingersi lì, dove osano le aquile.
ANDREA DOVIZIOSO, 9 – E’ deludente per lo spettacolo in pista constatare che l’unica speranza per il Dovi di battere Marquez, in questo periodo storico, è un improvviso crollo psicofisico del Cabroncito. Un avvenimento pressoché impossibile. Andrea ce la mette tutta, supera i limiti suoi e della moto, getta generosamente il cuore oltre l’ostacolo: la disparità di talento, però, è lapalissiana.
JACK MILLER, 9 – “A goccia a goccia si scava la roccia“, ovvero, prima o poi si limano i difetti più ostici. In gara Jackass, dopo aver fatto ancora una volta il funambolo sull’umido in qualifica, ha pensato bene di dare una sistemata al problema gestione gomme, riscoprendosi competitivo nella seconda parte di gara e conquistando, già che c’era, un podio. Not bad.
ALEX RINS, 8.5 – Quando il #42 decide di non avventurarsi in analisi dettagliate di ghiaia ed erba, è garanzia di prestazioni solide e convincenti. Dopo qualche accenno di sorpasso nei confronti di Dovizioso però, la gara di Alex si è complicata, con le gomme già in vacanza imbarcate per l’Austria. Podio sfumato, rissa sfumata in Q2 con Marquez, linciaggio sfiorato da parte di Taramasso: il responsabile Michelin ha rischiato di esplodere in seguito all’istrionica dichiarazione di Rins. Lui, non la gomma.
CAL CRUTCHLOW, 8 – Continua la striscia positiva di risultati dell’inglese, per cui vale lo stesso discorso del portacolori Suzuki. Un 5° posto che non brilla come il podio di un mese fa, ma che conferma come lui la Honda la sappia guidare, quantomeno decentemente.
VALENTINO ROSSI, 7 – L’inversa proporzionalità che intercorre fra la competitività della Yamaha e le prestazioni di Valentino, se analizzata, scervellerebbe per qualche era geologica le più brillanti menti della Terra, forse dell’Universo. Non sta diventando più un caso che quando la M1 soffre, il #46 riesce a tirar fuori il cosiddetto coniglio dal cilindro, affermandosi con distacco come miglior pilota in nero-blu. Al di là del risultato, positivo nella sua parziale negatività, è tutto fuorché entusiasmante evidenziare come la brillantezza e la sagace spericolatezza, presenti fino a qualche anno fa, abbiano lasciato il posto ad una cautela ed una remissività controproducente per lo spettacolo.
FABIO QUARTARARO, 6.5 – Copia sbiadita di quel Diablo mattatore, dominatore ed incantatore della prima metà di stagione. Si fa notare per qualche sorpasso arrembante, necessario per rimediare ad una partenza piuttosto sonnecchiante.
DANILO PETRUCCI, 5.5 – Che Danilo non avesse ingranato la marcia lo si era capito sin dal venerdì: mai tra i primi in tutto il weekend, eccezion fatta per FP3 (bagnata) e FP4, rivelatasi illusoria. Spento, goffo e ostacolato da una GP19 che, da quando ha firmato per il 2020, pare averlo friendzonato.
TAKAAKI NAKAGAMI, 6.5 – Ordinaria amministrazione del giapponese tanto simpatico a Crutchlow. L’ombra di Alex Marquez, seppur vicino a Yamaha Petronas per il 2020, non è da sottovalutare.
MAVERICK VINALES, 5.5 – “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano“. La love story fra Maverick e le pessime partenze, dopo una pausa di riflessione di qualche gran premio, è tornata prepotentemente in voga a Brno. E pensare che tutto sembrava a posto nel warm up. Poi, il declino. Allarmante, in particolare, la mancanza di passo nella seconda metà di gara, storico punto forte dello spagnolo.
POL ESPARGARO – 7 – Una difesa così coriacea e stoica del quinto posto metterebbe in ombra persino la BBC della Juventus Campione d’Italia. Generoso a dare tutto, salvo poi arrendersi ad un impietoso crollo delle gomme, che falsifica quanto di positivo fatto nell’intero weekend.
FRANCESCO BAGNAIA, 6.5 – “Da cosa nasce cosa“. Dev’essere questo il leitmotiv di Pecco. Un po’ alla volta, a piccoli passi, per poi togliersi soddisfazioni pesanti. In attesa della GP20 del prossimo anno.
MIGUEL OLIVEIRA, 6.5 – Chiudere a 4 secondi dal veterano Espargaro è la cartina al tornasole di un’incoraggiante miglioramento delle prestazioni del portoghese.
JOHANN ZARCO, 6.5 – Torna in Paradiso per 24 ore, riscoprendo l’inebriante sensazione della prima fila, ottenuta sull’umido. Ripiomba all’Inferno in gara, riabituandosi alla convivenza forzata con gli spettri che lo assillano da inizio stagione.
STEFAN BRADL, 6 – Non di certo una prestazione da strapparsi i capelli.
TITO RABAT, 6 – Rasserenato dal punto di vista contrattuale, arriva ad un soffio dai punti con una Ducati che, in mano ad Avintia, quest’anno non va proprio.
ANDREA IANNONE, 6 – Che spreco assistere alla degradazione di un talento naturale quale è Andrea. Che, dopo un inizio di stagione da punto interrogativo, mostra, in primis ad Aprilia ed Espargaro, gli attributi e chiude davanti al compagno di team. Sfortunatamente, lontano dai punti.
ALEIX ESPARGARO, 5 – La stella Aprilia sta collassando, e rischia presto di inghiottire i suoi piloti in un buco nero. Ci è andato molto vicino Aleix, crollato vertiginosamente nella seconda metà di gara.
KAREL ABRAHAM, 4 – Incommentabile.
SYLVAIN GUINTOLI, 6 – La gara scialba è ben compensata dalla sorprendente prestazione in FP1. Un 5° tempo, sull’asciutto, che difficilmente scomparirà dalla memoria
(NC) HAFIZH SYAHRIN, 5.5 – Abile anche lui al venerdì a rendersi protagonista per caso, salvo poi sprecare tutto in gara quando per una volta non annaspava sul fondo del gruppo.
(NC) FRANCO MORBIDELLI, 5 – Weekend mediocre, iniziato male, terminato peggio.
(NC) JOAN MIR, 5.5 – Sprazzi di competitività, in un mare di difficoltà.