Gunther Steiner, team principal dell’americana Haas, recentemente ha sottolineato l’importanza che una piccola squadra può rivestire nel panorama della Formula 1. Un team può farsi valere coi risultati in pista, ma dimostra grande dignità anche lanciando dei giovani talenti al volante e dietro le quinte, come secondo Steiner aveva sempre fatto la Minardi. E proprio un team come quello di Faenza, che ha puntato sui giovani, è ciò che secondo Steiner manca nell’attuale Formula 1.
Giancarlo Minardi ha voluto personalmente rispondere alle parole del team principal della Haas Racing, e sul sito ufficiale della Minardi ha scritto: “Il DNA della Minardi è stato quello di lavorare sempre coi giovani, fin dalla Formula 2 proseguendo poi questa attitudine anche in Formula 1. La Minardi però ha lavorato e scommesso non solamente sui giovani piloti, formando anche meccanici, addetti stampa, tecnici e ingegneri che hanno poi trovato sbocchi nei team più blasonati. Da anni sostengo che in Formula 1 manchino i personaggi con la voglia e la capacità di scommettere sui giovani, portando nel paddock volti nuovi. Ultimamente assistiamo solamente a importanti cambi di casacca. Personalmente avevo stipulato una collaborazione con l’università di Bologna, la quale ci segnalava gli studenti più meritevoli, da inserire all’interno dell’organico del team Minardi. I top team che puntano al mondiale devono avere nella loro line-up campioni già formati. Spetta agli altri il compito di scovare, o far crescere, i giovani del futuro trovando il mix perfetto tra esperienza e talento. Pertanto diventa fondamentale appoggiarsi ad un Junior Team”.
Su una cosa però Giancarlo Minardi non concorda con Steiner: la Minardi non era affatto felice di essere il fanalino di coda del gruppo, come avvenuto nei suoi ultimi anni in F1. E con orgoglio il fondatore del team di Faenza ha rivendicato gli ottimi risultati raccolti nei tempi in cui la squadra poteva permettersi un pacchetto tecnico discreto.
“Nella sua storia la Minardi ha conquistato piazzamenti importanti nonostante risorse economiche limitate e regolamenti più restrittivi. Ho vissuto il periodo in cui la griglia di partenza era formata da ben più degli attuali dieci team, con punteggi assegnati solamente ai primi sei classificati. Inoltre non avevamo la stessa tutela nella fornitura dei motori e delle gomme che, come dico sempre, sono nere e tonde. Quando abbiamo avuto la possibilità di avere motorizzazioni importanti come il Ferrari (i primi assoluti a diventare clienti di Maranello) abbiamo conquistato il settimo posto nel mondiale costruttori. Altri team ci hanno messo molti più anni a raggiungere i medesimi risultati. Nel 1985, pur di debuttare, ci siamo dovuti costruire in casa un motore turbo (Motori Moderni) lottando con le case ufficiali. Nel 2000, per proseguire l’avventura, abbiamo comprato i vecchi Cosworth (ribattezzati Fondmetal prima ed European dopo), mentre oggi il regolamento tecnico impone ai costruttori presenti di fornire più team e specifiche tutte identiche per quanto riguarda le gomme”.