La 24 ore di Daytona si è conclusa ancora una volta nel segno del successo Cadillac. La vettura prodotta dalla Dallara ha piazzato una bella doppietta in Florida dopo aver sofferto lo strapotere di Mazda ed Acura in qualifica. Il successo è stato portato a casa dalla #10 del Wayne Taylor Racing con al volante Fernando Alonso, Kamui Kobayashi, Jordan Taylor e Renger Van der Zande. Seconda la gemella del #31 Whelen Engineering con Nasr-Derani-Curran. Terza l’Acura #7 di Rossi-Castroneves-Ricky Taylor.
Si è trattato di una gara assolutamente rocambolesca, nella quale si è praticamente corso soltanto per le prime 14 ore. Successivamente, sul tracciato statunitense si è abbattuto un vero e proprio nubifragio che ha costretto la direzione gara a sospendere più volte le operazioni per motivi di sicurezza. L’ultima bandiera rossa è stata data ad un paio d’ore dal termine e dalla quale non si è più ripartiti a causa di condizioni impraticabili. Quella del 2019 è stata la seconda 24 ore di Daytona con meno giri percorsi nella storia ( 593), dietro all’edizione 2004.
Se è vero che nelle gare endurance non si corre da soli, va fatto comunque un plauso a Fernando Alonso che al secondo tentativo ha portato a casa la vittoria in questa gara facendo veramente la differenza nei suoi stint: nel corso della notte ha portato al comando la sua vettura e, quando le condizioni sono peggiorate, ha iniziato a girare ben due secondi al giro più forte della #31 e delle Acura che lo inseguivano. La chiave del successo del WRT c’è stata quando Taylor ha ceduto il volante a ”Nando” per l’ultima volta a tre ore dal termine. In quel momento è passato in testa Felipe Nasr con il quale Alonso ha innescato uno splendido duello. Il brasiliano è stato messo sotto pressione ed è andato lungo alla prima curva, cedendo il passo ad Alonso.
Da quel momento la pioggia è aumentata in maniera sconsiderata e gli organizzatori hanno deciso per la bandiera rossa, diventata poi a scacchi allo scadere del tempo. Fernando è diventato così il primo campione di F1 a vincere a Daytona dai tempi di Mario Andretti nel 1972. Successo importante anche per la Michelin che qui non si imponeva dal 2000. Nelle passate stagioni, quando i prototipi correvano con le Continental, con il bagnato le vetture più veloci in pista diventavano le GT. Grazie al passaggio al costruttore transalpino, questo evento non si è mai verificato nell’edizione odierna.
Passando alla classe LMP2, il successo se lo sono portati a casa Maldonado-Gonzalez-Saavedra-Cullen sull’Oreca 07 Gibson #18 della DragonSpeed, che ha chiuso sesta assoluta. Clamoroso il rischio che si è preso Saavedra, finito a muro poco prima della bandiera rossa ma che è riuscito a non vanificare tutto grazie ai quattro giri di vantaggio sugli inseguitori. Seconda la #38 di Wright-K.Masson-R.Masson-Cassels del Performance Tech. Chiude il podio l’altra DragonSpeed #81 di Lapierre-Hedman-Hanley-Allen, ma solo quindicesima assoluta.
La GT Le Mans ha come al solito offerto un grande show. La Ferrari del Risi Competizione aveva offerto un grandissimo spettacolo lottando come unico team privato stando quasi davanti a tutte le vetture ufficiali. La bandiera rossa finale ha però tarpato le ali all’equipaggio #62 di Rigon-Molina-Calado-Pier Guidi, costretta ad arrendersi alla BMW M8 GTE #25 di Farfus-de Philippi-Eng-Herta, che si è portata a casa un successo davvero insperato. La vettura bavarese era cresciuta moltissimo nelle ultime uscite del FIA WEC e qui ha dimostrato di essere in lotta con gli avversari. La vittoria è stata dedicata a Charly Lamm, il team manager scomparso pochi giorni fa. Incredibile pensare che Farfus non avrebbe dovuto esserci, in quanto è stato chiamato a sostituire Blomqvist che è rimasto in Europa per problemi con il visto.
Il podio è stato completato dalla Ford #67 di Briscoe-Dixon-Westbrook, vincitori lo scorso anno. Grande delusione in casa Porsche, con la prima 911 RSR che è la #912 di Bamber-Vanthoor-Jaminet. Le GT tedesche erano le grandi favorite alla vigilia e c’è grande rammarico per il suicidio di Makowiecki che alla ripartenza dalla caution ha tamponato la Ford di Joey Hand che era in testa alla gara vanificando le ambizioni di successo di entrambe. Disastrose anche le Corvette, con la #3 di Rockenfeller-Garcia-Magnussen sesta e la gemella #4 staccatissima dopo l’incidente di Tommy Milner. Poca fortuna per la BMW #24 dove c’era il grande Alessandro Zanardi. Un problema allo sterzo lo ha costretto ad una gara in difesa conclusa in trentaduesima posizione ed ultima di classe.
La Lamborghini ha ripetuto il successo di dodici mesi fa impondendosi con la Huracan GT3 #11 del Grasser Racing. Ad imporsi il nostro Mirko Bortolotti, coadiuvato da Rolf Ineichen, Rik Breukers e Christian Engelhart. Seconda l’Audi R8 LMS #29 del Land Motorsport con Morad-Vanthoor-Mies-Feller. Grande risultato per la casa degli anelli, finita nelle retrovie in qualifica ma in rimonta strepitosa in gara nonostante un BoP sfavorevole. Completa il podio la Lexus #12 di Bell-Segal-Montecalvo-Telitz.
Il campionato IMSA tornerà in scena a metà marzo con la 12 ore di Sebring, week-end nel quale ci sarà concomitanza con la mille miglia del mondiale endurance sempre sullo stesso tracciato.