“History is made but the future is unwritten”. Erano le righe scritte qualche anno fa sul podio di Monza nei giorni del Gran Premio. Già, la storia ed il futuro, un intreccio che riguarda necessariamente Kimi Raikkonen, che nel 2019 saluterà la Ferrari per lasciare posto a Charles Leclerc. Volenti o nolenti, è un passo che segna la storia del team di Maranello, che decide di sostituire il “vecchio” Kimi dando così spazio alla linea verde con il giovanissimo Charles. Ma è un passo che segna la storia di (quasi) tutti i tifosi Ferrari. Una questione di cuore.
Raikkonen è salito in Ferrari nel 2007, prendendo l’eredità di un certo Schumacher, che sul podio di Monza 2006 gli diede, di fatto, la benedizione. Non certo un’eredità da poco per Iceman, che prendeva il posto del pilota più vincente della storia della Formula 1. Eppure, nulla lo poteva scalfire: prima gara, in Australia, con pole, giro veloce e vittoria, impresa che non era riuscita nemmeno al suo fenomenale predecessore. E proprio quel 2007 ha rappresentato un punto di svolta per la Ferrari: primo e (sinora) ultimo mondiale vinto nell’era post Schumi. Questo fa decisamente la differenza, perché la Ferrari ha poi puntato inutilmente sul miglior pilota, ossia Alonso, senza avere la monoposto vincente (Red Bull/Mercedes) e infine sulla miglior macchina (2018), senza avere il miglior pilota (Hamilton), in un mondiale che pare destinato, purtroppo, a finire ancora in casa Mercedes.
E Kimi? Iceman è un personaggio stranissimo, fuori dagli schemi: interviste limitate ai minimi con poche e quasi sempre scontate parole, con “It’s only friday” su tutte, scarsa interazione con i tifosi, poca espressività, team radio eclettici: “Leave me alone, I know what I’m doing”. Eppure, Kimi è, appunto, una questione di cuore, uno dei personaggi più amati nel mondo della Formula 1. Anzi, il più amato secondo un sondaggio ufficiale della GDPA del 2015, ed il secondo più amato della storia della Ferrari dopo Schumacher. E qui riporto, con il vissuto in prima persona, l’episodio fresco di Monza 2018: Vettel, con la macchina migliore del circus, sta lottando contro Hamilton (e contro sé stesso) per vincere il mondiale; al sabato Seb piazza la sua macchina davanti a Lewis nel Q3, ma non fa i conti con Iceman che, poco dietro, lo batte. Il boato di Monza è assordante, c’è una differenza importante, in termini di decibel, tra la reazione alla pole provvisoria di Seb e a quella nel momento in cui Kimi, pochi secondi dopo, fa registrare ufficialmente il giro più veloce della storia della Formula 1. La domenica il tutto si ripete: Seb fa ancora una volta harakiri al via, e allora tutti concentrati su Kimi, che al contro sorpasso ad Hamilton alla Roggia fa letteralmente tremare le tribune.
Se non avessimo sotto mano la classifica iridata verrebbe da dire che il mondiale se lo stia giocando proprio Raikkonen. Già, quel Raikkonen che è uscito da Monza con il 100° podio della carriera e con una stagione sin qui quasi perfetta, macchiata soltanto dalla consueta sfortuna che lo ha perseguitato negli ultimi anni (errore dei meccanici in Bahrein, affidabilità a Barcellona, incidente subito a Spa). Dopo Singapore, Kimi è a -67 da Seb: fate un po’ voi i conti su dove si troverebbe aggiungendo quei tre potenziali podi.
A mio modo di vedere Kimi, oggi, avrebbe meritato il rinnovo per innumerevoli motivi, molti di più di quelli per cui Leclerc comunque meriti di salire sulla Rossa: pilota consistente e costante, non commette errori, non fa polemica e non dice mai una parola fuori posto, è ancora molto competitivo ed è soprattutto un’ottima spalla di Seb (guai a chi dice che a Monza non lo avrebbe aiutato); gli elementi perfetti per le dinamiche di convivenza in un team. Kimi è stato spesso etichettato come “bollito”, ma i numeri dicono che oggi non lo è, e che la Ferrari sta facendo una scommessa molto rischiosa nel sostituirlo, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in questa stagione. Il mio sogno personale è che Iceman, nelle ultime sei gare del mondiale 2018, possa ottenere quella vittoria che noi “ferraristi-raikkoniani” aspettiamo da tantissimo tempo e che lui, onestamente, meriterebbe.
Su Kimi vorrei chiudere ritornando a Monza e riagganciandomi al legame fortissimo che c’è tra lui e noi tifosi: essere sotto il podio e vederlo salutare, applaudire e ringraziare la marea rossa, è stato un momento altamente emozionante, quasi come una vittoria. Gesti che, associati a quanto gli aveva comunicato Arrivabene la mattina stessa (ovvero l’addio prossimo alla Ferrari), hanno un significato profondo. Kimi, pur senza potercelo dire, ci stava dando il suo addio: in primis, tributando a noi tutti gli elogi dovuti per la passione, per quanto lo abbiamo sostenuto, e continuiamo a sostenerlo, nella sua carriera con la Rossa; in secondo luogo, prendendosi tutti i ringraziamenti per quanto ci ha regalato e per il suo cuore Ferrari, che ha sempre definito il miglior team per cui gareggiare. Quelli che lo amano (e mi sento di dire una grande maggioranza), continueranno a sostenerlo anche con il quadrifoglio Alfa Romeo Sauber, perché certi amori vanno oltre i colori, mentre a quelli che non lo sopportano toccherà vederlo ancora serio, inespressivo, e tremendamente competitivo in pista, con le dovute proporzioni.
Inciso finale su Leclerc: il ragazzo sta dimostrando di avere stoffa, ad oggi ritengo gli manchi un pizzico di esperienza, ma ha un futuro. Lasciamolo lavorare senza il peso di troppe aspettative: il suo arrivo in Ferrari è un segno del destino, perché senza un tragico scherzo del fato, al posto suo oggi ci sarebbe un certo Jules Bianchi, di cui lui era grande amico. Sono certo che Jules, da lassù, gli darà una spinta in più per fare, come il suo predecessore Kimi, la storia della Ferrari. E per scriverne il futuro.
Lorenzo D’Oca
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