Sangue croato e passaporto italiano, nato a Milano ma con il cuore rivolto al mare blu della Dalmazia.
La sua avventura nel commento sportivo inizia dallo snowboard: dopo un infortunio in boardercross gli capita di presentare, quasi per caso, una gara di amici; da lì non ha più smesso. Dal 2010 è commentatore olimpico per Sky: la sua voce ha raccontato Vancouver 2010, Londra 2012 e Sochi 2014. L’adrenalina è il filo conduttore del suo percorso da telecronista: per Sky ha infatti commentato anche Snowboard World Cup, Freestyle Ski, World Cup, Winter XGames, Summer XGames e Red Bull Cliff Diving. Da marzo 2014 è gli è stata affidato il ruolo di commentatore per la MotoGP.
– Quando è iniziata la tua passione per i motori ed in particolare per le moto?
Sinceramente non ricordo, ho sempre guardato le moto per strada, da piccolo conoscevo tutti i modelli, come forse tutti i bambini, poi ho iniziato a sognarle, desiderarle, fino a quando sono riuscito a prendermi il primo 125. Da lì sempre in moto, poi i viaggi, tenda e sacco a pelo, per me la moto era questo, era libertà. Infine sono arrivate le gare, seguire la 500, poi la MotoGP, poi la FMX, altra grande passione.
– Qual è stata la tua reazione dopo aver saputo di essere stato scelto come telecronista Sky della MotoGP?
Ne stavamo parlando da tempo, il gruppo si stava formando e poi, una sera tardi, è arrivata la telefonata. Era una proposta formale, abbiamo parlato di tutti i dettagli, il cuore accelerava, lo ammetto, e quando ho messo giù mi sono sentito nell’ovatta, ho camminato per Venezia per un bel po’, nella notte, senza sapere dove andavo. Sono quei momenti che durano un sempre, dove ti perdi. Sapevo a quel punto di avere un posto nel team ma quando alla fine mi hanno detto che avrei seguito la MotoGP, beh, ricordo che ho pensato: “che casino, qui si va nella gabbia dei leoni, fico!”.
– Qual è la gara che più ti è piaciuta tra quelle che hai visto nel motomondiale?
In generale? Credo Catalunya 2009, col sorpasso di Rossi su Lorenzo e Silverstone 2013, battaglia Marquez-Lorenzo, ma ce ne sarebbero a decine.
– Quale gara, tra quelle commentate, ti ha fatto divertire maggiormente tra quelle disputate nel 2014?
Per la MotoGP mi vengono in mente Mugello, Catalunya e Silverstone, ognuna per una ragione diversa, forse il Mugello è stata la più bella, per me, dalla partenza al sorpasso di Marquez alla risposta di Lorenzo e poi il fatto di essere proprio al Mugello. Per la Moto3 invece c’è l’imbarazzo della scelta, ma anche lì direi Mugello.
– Secondo te, quale pilota sarà il vincitore del mondiale extra-Marquez?
Fino a una settimana fa ti avrei detto Pedrosa, ma dopo Silverstone ti dico Rossi.
– Il team Sky può essere il trampolino di lancio dei giovani talenti italiani?
È nato proprio con questo scopo. È alla prima stagione e sta facendo bene, per arrivare a regime ci vogliono almeno un paio d’anni, come per tutto, ma per i talenti italiani è una splendida occasione. Per andare a recuperare sugli spagnoli però c’è bisogno di tutto il movimento, non scordiamo cosa fanno l’Academy VR 46, il Team Italia, lo Junior Team Gresini, quello che fanno i nostri piloti tra Rookies Cup, CIV e CEV.
– Che ne pensi della scelta di Ducati di puntare sulla coppia italiana Dovizioso-Iannone?
Giusta, sono i due piloti che oggi interpretano meglio la guida Ducati, con il progetto nuovo potrebbero diventare una coppia davvero interessante. Sono piloti eccellenti: Dovizioso ha già dimostrato che razza di pilota sia, in più sviluppa la moto come pochi altri. Iannone è un altro talento puro, aggressivo, combattente, veloce.
– Come giudichi il mondiale di Valentino Rossi?
4 secondi posti e 4 terzi posti parlano da soli, gli manca solo la vittoria ma questa è una stagione particolare, si corre sotto il segno di una stella. Riguardo a Rossi, però, ogni volta che lo vedo correre penso a chi lo definiva finito, prematuramente. La cosa incredibile è che si diverte ancora, ha ancora il fuoco dentro e a 35 anni, dopo 18 di motomondiale, è tutt’altro che scontato.
– L’ accoppiata Honda-Marquez ha un punto debole?
Oggi no, oggi sono, insieme, la massima espressione del motociclismo. La cosa bella è che hanno spostato talmente in alto i limiti da diventare uno sprone per gli altri, che stanno recuperando a passi da gigante, ma il ritmo che Marquez ha imposta alle gare ed al campionato è semplicemente impressionante.
– Sarebbero state più pesanti le 11 vittorie consecutive di Agostini o quelle di Marc?
Sono due epoche diverse, non mi piace fare confronti. Le 10 di fila di Marquez, però, in un’epoca dove tutto è portato al limite, sono una cosa eccezionale, credo che passeranno molti anni fino a ritrovare una sequenza del genere.
– Oggi vediamo che nei campionati di Moto2 e Moto3 ci sono parecchi spagnoli che sono in lotta per il titolo o che comunque stanno facendo molto bene. Quali sono le differenze di organizzazione nell’allevare piloti tra la Spagna e l’Italia anche se ultimamente anche da noi stiamo facendo passi in avanti, soprattutto nelle categorie minori?
Gli spagnoli hanno lavorato bene, sono partiti dalla base, cosa che si sta già facendo anche in Italia. In più hanno le condizioni meteo ideali per gran parte dell’anno e il loro campionato è diventato, per tanti motivi, quello di riferimento anche per i piloti stranieri, questo porta ad un livello alto nel CEV, molto alto, quindi i loro piloti si confrontano col meglio, sempre, e necessariamente crescono. Credo che la differenza maggiore, oggi, sia nella competitività del CEV, poi se guardi la Moto3, di talenti italiani ce ne sono, e che talenti!
– Avendo commentato le Olimpiadi di Vancouver e di Sochi, trovi delle similitudini tra la MotoGp e, per esempio, il free-style?
Sono due approcci completamente diversi: nelle moto combatti per vincere, nel freestyle per esprimerti. Nelle moto c’è un cronometro, nel freestyle una giuria. Un paio di cose però li accomunano: in entrambi non puoi fare a meno di correre, gareggiare, misurarti con gli altri, in entrambi i casi si tratta di passione pura, di necessità, di aria, di libertà, pochi sport sono così totalizzanti. Poi la scelta del pilota preferito, o del rider, si basa su quanto e come ti emoziona, su quello che fa, sul suo stile, al di là della nazionalità. Nei motori è sempre stato così, avere un pilota di casa forte aiuta, certo, ma si tratta di professionisti ed è uno sport di singoli, non di squadre o di nazionali, hai idea di quanti in Italia tifino Marquez? o Rabat? o Miller? Ecco, in questo sono molto simili.
– Quanto ti ha aiutato l’apporto di una persona preparata come Mauro Sanchini in questa tua nuova avventura?
Sanchio è insostituibile. Ha passione, ha esperienza, ha l’istinto di raccontare quello che da casa vorresti sentire o che ti incuriosisce e poi non ha sangue nelle vene, ha miscela, è un due tempi. Abbiamo fatto una bella coppia, impariamo uno dall’altro, c’è fiducia. Per fortuna ogni tanto esagera anche lui, stacca troppo profondo e va lungo, ma poi si ride addosso. Ecco, questa è il pregio che apprezzo di più, in una persona: l’ironia, il prendersi poco sul serio, il saper ridere. Facciamo il lavoro più bello del mondo ma alla fine siamo solo ragazzini che vogliono ridere, è questo che mi piace, se no non avrebbe senso.