Stefano Comini è senza dubbio uno dei piloti svizzeri più affermati e conosciuti nel mondo del motorsport. Due volte campione del TCR International Series prima con una SEAT León (2015) e poi con una Volkswagen Golf (2016), quest’anno insegue il terzo titolo della categoria di Marcello Lotti con l’Audi RS3 LMS della Comtoyou Racing.
In un’intervista esclusiva rilasciata a MotorSport Italia, Comini ci ha raccontato la sua visione del mondo delle corse, del TCR e del suo ‘antagonismo’ con il WTCC, soffermandosi anche sui problemi del motorsport in Svizzera e sul suo prossimo futuro.
Quest’anno stiamo assistendo a un campionato davvero combattuto, con quattro piloti racchiusi in appena 9 punti alla pausa estiva e tante gare molto equilibrate e tirate. Ti diverte guidare in un campionato così competitivo e pensi di poter continuare a combattere fino all’ultima gara per confermarti campione?
Non mi sto divertendo così tanto perché punto al terzo titolo con una macchina difficile da spingere al massimo, però nel complesso la battaglia è davvero serrata, il livello è molto alto dato che ci sono stati tanti vincitori diversi e nessuno è riuscito a fare due pole position. Per chi guarda il campionato dall’esterno è comunque una lotta entusiasmante con tante macchine e piloti coinvolti, rispetto anche ad altre categorie in cui ci sono solo due piloti a contendersi il titolo.
Qual è il tuo punto di vista sulla questione legata al BoP (Balance of Performance), che ti ha penalizzato – e non poco – soprattutto nel weekend dell’Hungaroring?
In Ungheria ero molto arrabbiato; la macchina era letteralmente inguidabile e pericolosa perché sia i freni sia le gomme erano davvero ingestibili con il peso che avevamo. Oltre a questo, il Success Ballast (sistema di zavorre aggiuntive per i migliori dell’evento precedente, ndr) di 30 chili ci ha messo davvero in crisi sul circuito magiaro. Ora, a partire dalla scorsa tappa dell’Oschersleben, il Dipartimento Tecnico ha tolto 20 chili a quasi tutte le vetture (tranne a Honda e Opel, ndr) e questa è una cosa positiva perché, se per esempio dovessi fare – si spera – il massimo dei punti nel prossimo weekend in Thailandia e mi dovessi ritrovare con 30 chili in più nella tappa successiva in Cina, so che la mia macchina, per quanto possa essere difficile da guidare, non sarà pericolosa come all’Hungaroring. Per le prossime tre gare, a parte la Golf che è leggermente avvantaggiata, tutte le altre vetture si equivalgono abbastanza.
In tre campionati hai guidato tre vetture differenti (SEAT León, Volkswagen Golf e quest’anno Audi RS3 LMS). Quali sono le differenze principali tra queste tre? Quale è stata la più difficile da domare e quale invece quella con cui hai avuto maggior feeling nel minor tempo?
Come ho detto, la Audi è fra le tre quella più complicata da guidare perché, essendo un tre volumi, su circuiti più tecnici e meno veloci è difficile metterla bene in curva con il suo posteriore più lungo rispetto alle altre macchine, che ci costringe a farla lavorare di più in curve strette e molto lente, con la complicazione ulteriore del BoP che non ci aiuta per nulla. La Golf, invece, ha 55 chili di differenza ed è un centimetro più bassa, che corrisponde a circa 20 chili di peso a livello di simulazione.
Sappiamo che il TCR è nato come campionato antagonista del WTCC. Fino ad ora abbiamo visto che pian piano il TCR sta ritagliando una fetta importante del mondo delle gare turismo. Secondo te, da pilota, in cosa è migliorato questo tipo di competizione grazie al TCR e cosa questo campionato può ancora imparare dal Mondiale della FIA?
Onestamente penso che oramai il WTCC debba imparare qualcosa dal TCR. Non si può negare che il TCR è in piena ascesa ed è il futuro dell’automobilismo con la sua geniale filosofia. Riuscire a permettere a qualsiasi persona di acquistare la mia stessa macchina e di correre dove vuole ti consente di ammortizzare la macchina molto meglio rispetto ad un campionato in cui sei obbligato a correre soltanto lì. Forse l’unica cosa che il TCR deve apprendere dal Mondiale della FIA è la parte mediatica, parte fondamentale del motorsport. Su questo punto di vista, il WTCC è probabilmente più conosciuto soprattutto grazie a Eurosport. Sono sicuro che se un appassionato del WTCC fosse sintonizzato su Eurosport la domenica e guardasse una gara del TCR, sono certo che in futuro seguirà molto di più la nostra categoria. Basandomi sulla mia esperienza personale, il TCR è la serie in cui si realizza la vera essenza del motorsport, con veri corpo a corpo e battaglie all’ultimo sangue, cosa che nel WTCC si è andata a perdere. Con le nuove TC1 del Mondiale Turismo che costano tantissimo e che hanno tantissime appendici aerodinamiche, al primo mini-contatto la macchina si demolisce e diventa un prototipo; ecco, secondo me tutto questo va contro lo spettacolo.
Sei contento del format attualmente usato nel TCR, soprattutto per quanto riguarda la regola della griglia invertita di Gara 2 (già usata in diverse categorie)? O ne preferiresti uno un po’ più ‘meritocratico’, come l’introduzione di una qualifica anche per la seconda gara del weekend?
Sì, sono abbastanza contento del format perché, secondo me, dà molto più spettacolo e obbliga noi piloti ad adottare strategie diverse durante l’arco di ciascun weekend. In questo modo, inoltre, chi va male in qualifica ha una possibilità di rifarsi in Gara 2. Se dovessimo introdurre una seconda qualifica, a questo punto dovrebbe venir meno anche il Success Ballast.
Sei uno dei maggiori rappresentanti del motorsport svizzero insieme a Marcel Fassler e Sébastien Buemi. In Svizzera però le gare motoristiche mancano da più di 60 anni. Di recente si è parlato di una riapertura del tuo Paese partendo con la Formula E. Pensi che a breve torneremo ad assistere a gare motoristiche in Svizzera?
Per me la Svizzera, a livello di motorsport, è morta. Le istituzioni non fanno nulla, anzi, si impegnano a rovinare tutto quello che si può creare e riportare a livello motoristico. Da più di 60 anni non si corre un evento importante a livello internazionale per via dell’incidente nella 24 ore di Le Mans del 1955, ma oggi alcuni esponenti politici si oppongono fermamente anche per una questione ecologica. Se riuscissero a portare la Formula E sarebbe comunque una scelta ipocrita, perché è vero che le monoposto elettriche non inquinano, ma ciò non toglie che le corse conservino una componente intrinseca di pericolosità, che è il motivo vero per cui la Svizzera ha detto no alle corse motoristiche tanto tempo fa.
Pensando al tuo futuro, intravedi delle possibilità di correre parallelamente sia nel TCR sia nel WTCC sulle orme di Rob Huff, o a un ‘ritorno’ alle monoposto, per esempio con un approdo in Formula E come “Pechito” Lopez?
Assolutamente no. Io sto benissimo nel TCR, per me è una grande famiglia ed è il futuro, non soltanto dei campionati Turismo, ma anche del motorsport. E’ una realtà in piena evoluzione con circa venticinque campionati aperti e interessantissimi. Secondo me il WTCC morirà nei prossimi anni e quindi per me non ha senso un passaggio di questo tipo. Per quanto riguarda le monoposto, ci ho corso agli inizi della mia carriera ma non ho mai avuto uno stile di guida adatto; in più, io adoro le vetture Turismo e un passaggio alle monoposto vorrebbe dire perdere quel divertimento che mi fa andare ancora più forte in gara.
Com’è nata la tua passione per il motorsport? C’è un pilota che ti ha ispirato maggiormente?
Più che un pilota, ad appassionarmi e a farmi avvicinare a questo mondo sono state le corse che vedevo in TV da bambino. Da piccolo, poi, giocavo solo con le macchinine e quindi il mio destino non poteva che essere questo. A sei anni ho convinto mia madre a portarmi ad una pista di kart a noleggio in Svizzera, dove il proprietario della pista ha notato il mio talento e da lì è partita tutta la mia carriera in questo fantastico mondo.