Indycar 2015: Top & Flop di metà campionato
16 Giugno 2015 - 20:04
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Superata ormai abbondantemente la metà del campionato Indycar 2015, nonostante sia solo metà Giugno, è tempo di trarre i primi bilanci. In questo speciale, indicheremo quali piloti o scuderie si sono distinti positivamente e chi invece ha deluso le attese.

TOP

Juan Pablo Montoya – Il vero protagonista di questa stagione di Indycar. Se l’anno scorso si era mostrato velocissimo sugli ovali, ma ancora in difficoltà su piste tradizionali e cittadine, quest’anno “One” Pablo si è trovato fin da subito a suo agio in ogni tipo di condizioni, e non a caso a St.Petersburg ha aperto il campionato vincendo la corsa dopo un duello col compagno di squadra Power. In una stagione che ha già visto sette vincitori diversi in dieci gare, Montoya è stato il pilota più costante, quello che più degli altri è riuscito a portare a casa risultati sempre utili a guadagnare tanti punti: solo in Alabama ha mancato la top ten. Bravissimo a Long Beach, terzo: semplicemente strepitoso alla 500 Miglia di Indianapolis, dove ha rimontato dall’ultimo al primo posto, aggiudicandosi per la seconda volta in carriera la corsa più importante del motorsport americano. Al momento è il favorito per il titolo Indycar, anche perché dalla sua sembra avere pure la fortuna, che in ben due occasioni (NOLA, Detroit 2) gli ha consegnato la pole position grazie alla cancellazione delle qualifiche.

Josef Newgarden – A metà dello scorso anno lo inserimmo tra i flop, spiegando che un pilota come lui poteva e doveva fare di più. Il talento del resto lo ha sempre avuto. Al suo quarto anno in Indycar, Newgarden ha finalmente fatto vedere di che pasta è fatto. Il giovane pilota statunitense è la stella emergente del campionato: veloce, determinato e sicuro di sè. Bravo sui circuiti cittadini così come su quelli tradizionali che sugli ovali. In questa prima parte di stagione ha ottenuto due vittorie (Alabama e Toronto), la prima delle quali meritatissima per grinta, sorpassi e ritmo, la seconda un po’ più fortunata. L’unico vero errore lo ha commesso a Detroit, quando in gara 2 è finito contro il muro. Peccato anche per i problemi tecnici in Texas: senza questi due passi falsi, sarebbe stato ancor messo meglio in campionato.

Graham Rahal – Per tanti anni i fan e gli addetti ai lavori aspettavano l’esplosione di Graham Rahal, ma più il tempo passava e più il giovane figlio d’arte sembrava tradire le attese. E invece, nel momento più difficile della sua carriera e della sua squadra, al via della Indycar con un budget ridotto all’osso e senza l’appoggio della National Guard, Rahal ha tirato fuori gli attributi e ha guidato per buona parte dell’anno da protagonista. Meraviglioso in Alabama, con una rincorsa al secondo posto contro Dixon, splendido anche a Indianapolis e a Detroit, dove ha colto altri due importanti piazzamenti sul podio. E in un’annata in cui Chevrolet domina, Rahal, col non eccelso pacchetto motore-aerokit Honda, è sempre lì in lotta per le prime posizioni.

Sebastien Bourdais – L’anno scorso aveva mostrato alcuni sprazzi del “vecchio” Bourdais, del pilota che faceva polpette degli avversari in Champ Car. In questa prima parte di stagione il quattro volte campione Champ Car si è mostrato spesso in palla e competitivo, arrivando per ben sei volte su dieci fra i primi otto. Bravissimo nella gara 2 di Detroit, dove ha guidato con intelligenza e astuzia in condizioni climatiche non semplici, ma anche a Indianapolis e a Toronto ha condotto delle gare di rilievo. Al momento recrimina solo una Indy 500 un po’ sottotono e l’incidente del NOLA, dove è stato incolpevolmente coinvolto nel contatto tra Hunter-Reay e Pagenaud: la sua stagione finora è ampiamente positiva.

Chevrolet – Dopo un 2014 positivo, il motorista americano ha aumentato ancor di più il vantaggio prestazionale nei confronti dei rivali della Honda. Il propulsore Chevrolet sembra garantire una maggiore velocità, oltre che una buona affidabilità, e anche l’aerokit realizzato per le piste cittadine sembra decisamente più efficiente rispetto a quello della Honda, anche se esteticamente poco interessante. 10 pole e 8 vittorie in dieci gare significano che in Chevrolet hanno lavorato ancora alla grande.

FLOP

Ryan Hunter-Reay – Vero: la fortuna gli ha spesso voltato le spalle in questa stagione. Vero: molte volte le strategie del team Andretti lo hanno penalizzato. Vero: il team Andretti è in una crisi tecnica di difficile soluzione. Tuttavia in questa stagione Ryan Hunter-Reay non si è quasi mai visto nelle zone alte dello schieramento, nemmeno alla 500 Miglia di Indianapolis, corsa che l’anno scorso fu sua. E dei tre piloti del team Andretti al momento sembra quello più in difficoltà, visto che Munoz una vittoria l’ha portata a casa.

Simon Pagenaud – Appena ha firmato per il team Penske, quasi tutti hanno pensato che questo sarebbe potuto essere il suo anno. Con una squadra vincente, le premesse per puntare al titolo c’erano tutte. E invece Simon Pagenaud è stato una delle più grandi delusioni di questa stagione. Spesso in difficoltà, poco incisivo sia in termini assoluti che nel confronto coi suoi compagni di squadra. Finora ha collezionato un solo podio, nella gara 1 di Detroit, più di strategia che di velocità. In molte gare ha occupato le zone alte della classifica all’inizio, per poi venire risucchiato nelle retrovie. Al momento è undicesimo nella classifica piloti, ma ha tutto il potenziale per invertire la rotta di questo 2015.

Dale Coyne Racing – Spiace vedere la situazione attuale del team Dale Coyne, che punta solo ad essere in Indycar e basta, quando tre anni fa con Wilson al volante le vittorie e i risultati di rilievo erano spesso alla portata. La scelta dei piloti è sembrata più basata a delle esigenze di budget che al curriculum sportivo. Dracone non ha mai avuto il ritmo per puntare a un buon risultato, anche se va detto che, investimento di un meccanico al NOLA a parte (in condizioni di pista bagnatissima, ndr), non ha combinato disastri. Gonzalez, invece, regolarmente timbra i muri dei circuiti in cui corre la Indycar. L’unico acuto è stato il quarto posto in gara 1 di Detroit di Vautier, non a caso il pilota più veloce che sia stato messo in macchina da Coyne quest’anno.

Stefano Coletti – Ci spiace inserirlo tra i flop, perché ha dimostrato di essere veloce e di poterci stare senza problemi in Indycar. Va però evidenziato che il monegasco non ha fatto alcun progresso rispetto ai tempi della GP2, quando buttava via dei risultati per la troppa aggressività. Quante volte quest’anno ha avuto incidenti con altri piloti o è finito contro i muri? Troppe. E alla decima gara non si è ancora vista una inversione di tendenza, che deve arrivare alla svelta, visto che nelle prossime sei gare si gioca la permanenza nel team KV Racing.

James Jakes – A parte il podio del NOLA, gara vinta dal compagno di squadra Hinchcliffe, Jakes non ha combinato nulla nella stagione del suo ritorno in Indycar. Spesso nelle retrovie ed invischiato in contatti con altri piloti, non sta facendo vedere nulla di nuovo rispetto al poco che si era visto tra il 2011 e il 2013. Dall’altra parte del box c’è un Daly che scalpita per prendersi quel sedile nel 2016.