INDIANAPOLIS – A 40 anni, Takuma Sato conquista la vittoria più importante della carriera, battendo tutti nella 500 Miglia di Indianapolis e portandosi a casa quel successo che aveva solo sfiorato cinque anni fa.
Il pilota dell’Andretti Autosport ha condotto una gara splendida, viaggiando nella top ten per quasi tutta la durata della corsa, e tenendosi lontano dai guai. Decisive le fasi finali, col giapponese che ha superato in successione Chilton, Jones e Castroneves, resistendo nel finale ai tentativi di sorpasso del brasiliano del team Penske.
Castroneves, secondo, ancora una volta ha dovuto rimandare l’appuntamento con il quarto successo a Indianapolis, ma è stato autore di una prova maiuscola, vista la difficoltà nella prima parte di gara del team Penske. Il pilota brasiliano e il suo strategist hanno compiuto una scelta azzeccata fermandosi dopo il botto di Daly, mentre gli altri hanno aspettato una caution successiva dovuta a un detrito perso dalla vettura di Andretti. La decisione di Penske si è rivelata corretta, e ha permesso a Castroneves di risalire nelle prime posizioni, fino a giocarsi la vittoria nel finale.
Gara di spessore anche per Jones, terzo da rookie, che nel finale ha sopravanzato un Chilton che nella seconda parte di gara si è ritrovato incredibilmente protagonista e leader, grazie a una strategia simile a quella di Castroneves. Il pilota del team Ganassi era in testa alla gara dopo l’ultima caution, ma non ha avuto lo spunto necessario per arrivare fra i primi tre. Chilton ha preceduto sul traguardo Kanaan, leader nei primi giri e il migliore fra i piloti che hanno corso con la strategia “tradizionale”.
Sesto Montoya, che ha recuperato tante posizioni dopo metà gara. Solo settimo Rossi, splendido protagonista nella prima fase della Indy 500, ma scivolato indietro dopo alcuni problemi al pit stop successivo al ritiro di Hunter-Reay. Ottavo Andretti, che si è trovato a recuperare dopo aver dovuto sostituire l’ala posteriore a causa di un danno a un paraurti. Top ten per Chaves con l’esordiente Harding Racing e Munoz. Undicesimo Carpenter, che è sparito dalla lotta per la vittoria dopo una buona fase iniziale. Quattordicesimo Pagenaud. Il campione in carica della IndyCar non si è mai messo in evidenza, e dovrà cercare il riscatto a Detroit.
Giornata da dimenticare per Fernando Alonso. Il pilota spagnolo si è tuffato nell’avventura della 500 Miglia di Indianapolis con grande dedizione e voglia di far bene, e per tutta la gara ha navigato stabilmente nella top ten, comandando diversi giri della corsa e giocandosi spesso le posizioni di vertice coi compagni di squadra Rossi e Hunter-Reay. Ma al giro 179 il pilota spagnolo, che rincorreva la sesta posizione, è stato tradito dall’affidabilità del motore Honda, che ha improvvisamente ceduto. Un destino beffardo per Alonso, considerando i tanti problemi tecnici avuti con la Honda e la McLaren in Formula 1.
Stessa sorte per Hunter-Reay, il cui motore è andato in fumo al giro 137, e per Kimball. Ma peggio di tutti è andata a Scott Dixon, che ha rischiato la vita in un incidente con Howard. Il pilota neozelandese è decollato dopo aver colpito la monoposto di Howard, rientrata d’inerzia in traiettoria, finendo per cappottarsi e sbattere nella rete interna alla pista. Fortunatamente il pilota del team Ganassi non ha riportato conseguenze fisiche nell’impatto, così come Howard.
Escono con le ossa rotte dalla gara, metaforicamente parlando, anche Power e Hinchcliffe, entrati in collisione a una ventina di giri dalla fine nel momento dell’incidente fra Davison e Servia. Coinvolto nel carambola anche Newgarden.
CLASSIFICA DELLA INDY 500