La notizia era nell’aria, ma ieri ne è stata data l’ufficialità; dal 2018 al 2020 tutta la Formula 1 andrà in diretta esclusivamente su Sky Sport F1, ad esclusione di quattro gran premi che verranno mandati in onda anche su TV8. I restanti 17 che caratterizzano la stagione 2018 saranno trasmessi in differita di due ore dal canale in chiaro TV8, lasciando alla Rai il solo Gran Premio d’Italia. Si è passati dunque da una suddivisione quasi equa tra gare in diretta e corse in differita, sui canali free, a una quasi totale esclusiva da parte della PayTV di Murdoch. Il caso italiano però non è una novità nel panorama della Formula 1.
Il declino del rapporto F1-TV in chiaro è iniziato nel 2011 quando Sky Sports UK annunciò che a partire dalla stagione successiva avrebbe trasmesso tutti i gran premi in diretta esclusiva, lasciando prima a BBC e poi a Channel 4 solo metà del calendario in diretta, relegando le restanti gare a delle meste sintesi. L’anno successivo la cugina italiana ha ricalcato lo stesso format creando il canale Sky Sport F1, ma a differenza della Gran Bretagna, nel nostro paese le gare in chiaro non trasmesse in diretta sono state mandate in differita integrale.
La spaccatura vera e propria è iniziata però nel 2014 in 🇪🇸Spagna. A partire da quella stagione i tifosi iberici, per poter seguire le gesta di Fernando Alonso e quindi Carlos Sainz e tutti gli altri piloti, sono stati costretti ad iscriversi alla piattaforma Movistar, la quale detiene l’esclusiva assoluta della F1, la quale è stata prolungata fino al 2020 proprio pochi giorni fa. Nel paese con Madrid capitale, il 2018 sarà quindi il quinto anno consecutivo senza traccia della massima espressione dell’automobilismo sui canali in chiaro. Nel 2016 è stato il turno della 🇬🇧Gran Bretagna con Sky che, dopo sette anni di lotta contro la concorrenza gratuita, dal 2019 e fino al 2024 sarà l’unica emittente a trasmettere tutte le gare del campionato, ad esclusione del GP di casa che per obbligo dovrà andare anche in chiaro.
Situazione diversa per quanto riguarda la 🇫🇷Francia. Il paese transalpino capeggiato da Canal+ ha strappato i diritti nel 2013 a TF1, il quale li deteneva dal 1992, trasmettendo tutte le gare a pagamento fino al 2017. A metà della passata stagione è stato trovato un accordo in cui l’emittente francese permetterà di far tornare la F1 in chiaro (proprio su TF1, ndr) nel proprio paese, ma solo per quattro gare tra cui Monaco e Francia, mentre tutte le altre avranno solo una sintesi.
In 🇮🇹Italia si può dire che la situazione sia peggiorata rispetto al passato, ma per il momento è meno drastica rispetto agli altri grandi mercati. Si è passati da 9 gare in diretta e 11 in differita a solo quattro in contemporanea tra Sky e TV8. Le restanti 17, però, anziché essere trasmesse con 5 o 6 ore di ritardo, prenderanno il via 120 minuti dopo l’effettivo spegnimento dei semafori rossi del gran premio. Oltretutto a differenza di Francia, Gran Bretagna e Spagna, nel nostro paese le differite saranno trasmesse integralmente, come avvenuto negli ultimi 5 anni e non ci si dovrà accontentare di semplici sintesi da 30 o 60 minuti con le azioni principali.
Solo la 🇩🇪Germania rimane l’unico grande mercato europeo ad avere tutta la Formula 1 in chiaro dato che proprio ieri uno dei giornalisti di Auto Motor und Sport ha dichiarato che Sky Deutschland non trasmetterà più le gare, lasciando tutto in mano alla rete free RTL. In questo caso si tratta della direzione contraria con le Pay TV (prima Premiere poi Sky, ndr) che abbandonano la scena dopo 22 stagioni consecutive, lasciando i fedeli tifosi alle mani della tv in chiaro che però ha una tendenza a mandare in onda molta, forse troppa (a detta dei tedeschi) pubblicità durante i gran premi.
Dopo questa panoramica sulla situazione dei diritti televisivi della F1 in Europa, che potrebbe espandersi anche fuori da essa, in altri mercati, vorrei provare ad analizzare il perché il primo sport al mondo (per numero di spettatori, dopo mondiali di calcio e olimpiadi), a disputarsi con cadenza annuale, si stia allontanando sempre più dai tifosi rendendo loro quasi difficile poter seguire la propria passione. E’ noto, non forse a tutti, che la maggior parte dei proventi in arrivo dai contratti stipulati tra FOM e televisioni vengano ridistribuiti tra tutti i team che prendono parte al campionato, come avviene con i diritti della Serie A, per intenderci. PayTV vuol dire quindi che le somme per la firma di questi contratti sono molto più sostanziose rispetto al passato in cui solo le tv in chiaro trasmettevano le gare del mondiale.
POWER UNIT
La prima causa che, a mio parere potrebbe aver portato a questo spostamento di massa della F1 dalla visibilità gratuita alla controparte a pagamento, potrebbe essere legata alle Power Unit. I complicatissimi propulsori protagonisti nella massima serie a ruote scoperte, questa stagione saranno montati sulle monoposto per il quinto anno consecutivo. Il loro sviluppo, partito nel 2012 con Mercedes, è iniziato da una base quasi totalmente nulla. Nuovi motori molto più complessi rispetto ai precedenti perché questa volta c’è anche la componente elettrica che li rende ibridi e quindi dei sistemi molto più difficili da far funzionare. Si è passati da cinque unità complete disponibili in ogni stagione, a quattro e quindi alle tre che saranno protagoniste nel 2018. Questo vuol dire che nella stagione che prenderà il via a Melbourne tra due mesi, ogni team dovrà utilizzare la stessa unità motrice per almeno 7 gran premi per evitare eventuali penalità.
Se da un lato i costruttori come Mercedes, Ferrari, Renault e Honda spendono decine di milioni di dollari in ricerca e sviluppo per migliorare sempre più le prestazioni dei propri prodotti, dall’altro devono lottare anche contro l’affidabilità che dopo quattro anni continua a mietere vittime, tranne a Stoccarda. Se già si faceva fatica a chiudere un campionato con quattro propulsori, figuriamoci con tre. Nel caso ognuno dei concorrenti ci riuscisse, allora bisognerà immaginare quanto denaro è stato speso per raggiungere questi livelli.
Ovviamente chi ne paga le conseguenze non sono solo i quattro marchi produttori, ma anche i team clienti a cui le Power Unit vengono fornite. Il loro costo non è di certo modesto e quindi i costruttori delle vetture devono versare “suon di quattrini” per acquistarle, facendo lievitare le spese nel caso il prodotto in questione non sia dei migliori in termini di durata.
LOCATION EXTRA EUROPEE
Il secondo motivo che mi verrebbe in mente è legato al calendario. Voglio fare un paragone tra il 2008 e il 2018 che presentano una similitudine. 10 anni fa così come in questa stagione un evento è stato rimosso dal calendario (USA nel 2008 e Malesia nel 2018) e due sono stati aggiunti (Singapore nel 2008 e Francia nel 2018 + Germania in entrambe). Il numero dei gran premi di quest’anno è di tre unità superiore rispetto a dieci stagioni fa. Quello che cambia è che se nel 2008 su 18 eventi, solo 9 erano situati fuori dall’Europa (intesa come paesi della zona centrale, ndr), quest’anno ci saranno 21 round di cui ben 12 fuori dal Vecchio Continente. Già da questa prima parte si può evidenziare come l’aumento delle tappe, oltretutto tutte extra-europee, possa aver inficiato sull’aumento dei costi stagionali.
Se nell’anno in cui Lewis Hamilton è stato incoronato campione del mondo per la prima volta, si può dire che il calendario sia stato stilato secondo un giusto criterio, di quello attuale non si può dire ugualmente. Mi spiego meglio. Nel 2008 si è partiti dall’Australia spostandosi via via verso l’Europa, passando prima dalla Malesia, quindi dal Bahrain prima di approdare in Spagna. Escluse la Turchia (per di più nemmeno tanto distante dall’Europa) e il solito Canada piazzati in mezzo alla stagione europea, il circus si è allontanato dalla sua base visitando in successione i paesi asiatici con Singapore, Giappone e Cina, prima di dirigersi verso il traguardo in Brasile.
Nella stagione che sta per partire invece i vari paesi ospitanti sono stati inseriti in un frullatore che ha creato andate e ritorni improponibili che fanno schizzare in aria i costi in modo pauroso. Come sempre si partirà in Australia, quindi si andrà in Bahrain, ma prima di arrivare in Europa si tornerà indietro verso la Cina per poi avvicinarsi in Azerbaijan e quindi giungere in Spagna. Si attraversa quindi la solita parte europea con il Canada ad intromettersi, prima di andare via dall’Europa, destinazione ancora una volta Singapore. Ma… STOP! La tappa successiva è di nuovo in Europa (non centrale), in Russia, quindi si fa di nuovo marcia indietro per andare in Giappone. Segue il trittico americano con USA, Messico e Brasile, fortunatamente studiato come si deve, per poi chiudere ad Abu Dhabi che paga profumatamente per abbassare le serrande sul campionato. Un ping pong di tappe che costano e non poco a chi prende parte al mondiale.
REGOLAMENTI INCERTI
Sempre dal lato di chi partecipa al mondiale, i continui cambi regolamentari tra una stagione e l’altra, così come tra un gran premio e l’altro, porta questi ad aumentare i costi di produzioni delle proprie componenti. Ovviamente gran parte, come nei punti precedenti, viene coperta dagli sponsor, ma a contribuire agli incassi ci sono sempre le tv. Quindi più si crea, più si spende, più si ha bisogni di maggiori entrate e chi se non le tv private/satellitari possono riempire i conti dei vari team, aiutandoli nel proseguo della loro vita?
LA CERTEZZA
In questo caso più che un mio pensiero, è un rimando alle parole di Sean Bratches, il responsabile marketing di Liberty Media. Se da un lato vorrebbe un 25-30% di gare trasmesse in chiaro (quindi dalle 5 alle 7 su 21), dall’altro il tedesco afferma che le PayTV sono sinonimo di certezza. Le emittenti free permettono a un pubblico più ampio di poter usufruire del prodotto, ma sono quelle a pagamento che rappresentano un’entrata sicura nelle casse della FOM prima e dei team dopo. Ne è un esempio quello che ha visto protagonista la Rai nell’ultimo mese. Se la TV di viale Mazzini garantiva ogni domenica dai 2 ai 4 milioni di spettatori, non altrettanto ha fatto con i diritti di trasmissione. Un tira e molla che si è concluso con l’abbandono dopo oltre un ventennio di esclusiva su tv a costo zero, lanciando la palla a TV8 che è comunque parte del colosso Sky.
Dal mio punto di vista quindi se la Formula 1 sta diventando sempre più un prodotto riservato a pochi, questo è dovuto molto a un aumento complessivo dei costi di tutto il sistema, che purtroppo una tv generalista non è in grado di sostenere a confronto con chi pone un prezzo come vincolo per usufruire del proprio servizio. Nonostante Liberty Media voglia che questo campionato rimanga disponibile e accessibile per tutti, anche lanciando il proprio servizio di streaming online, al momento la tendenza è quella di farlo diventare qualcosa di elitario. Nemmeno il passaggio di proprietà da Bernie Ecclestone al gruppo statunitense è riuscito a invertire la rotta. Chissà se tra 10 anni ci sarà stato un ritorno al passato, un peggioramento per gli utenti free oppure un’equa distribuzione, con distinzione tra prodotto di nicchia per i più appassionati e nel contempo uno più “alla mano” per chi non può o non vuole permettersi altro; un po’ come accadeva proprio dieci anni fa con la Rai che trasmetteva qualifiche e gara, mentre Sky offriva anche le prove libere oltre a 30 ore di diretta ogni week-end, insieme al mosaico interattivo.