Silverstone significa molto per la Scuderia Ferrari. E’ il teatro della prima vittoria in una gara di Formula 1 nel 1951 con José Froilán González e la 375. E’, da sempre, una classica del calendario: ma è la stessa pista di un tempo? Certamente no: all’epoca di González il tracciato misurava meno di 5 chilometri (anche se in gara bisognava percorrerlo 90 volte…) e la media sul giro della pole position, sempre di González, superava di poco i 160 orari.
Ma era già, nella sua natura, un tracciato “superveloce” e quando, nel 1990, la Ferrari 641 ottenne pole e vittoria, rispettivamente con Mansell e Prost, in qualifica si superavano i 250 orari. Era l’epoca in cui Nigel spiegava ai giovani collaudatori di Maranello che a Silverstone “non si frena mai…”.
E un po’ di verità c’era, perché il vecchio disegno non affaticava più di tanto dischi e pastiglie. Poi vennero modifiche a ripetizione, l’ultima per l’edizione 2011, con la creazione dell’Arena Circuit, lunga 5,8 chilometri. Le caratteristiche sono cambiate, le strutture sono state modernizzate, si è inevitabilmente persa un po’ dell’atmosfera magica di quando il paddock era un prato e le squadre facevano barbecue all’aperto con tutti i piloti. Ma resta il fascino di una pista ancora molto “tecnica”, che premia soprattutto l’efficienza aerodinamica nell’inserimento in curva e nei cambi di direzione.