Il weekend di pausa è finito, in questi giorni le SF71H e parte del materiale sono in partenza da Maranello, destinazione Hockenheim. Un altro “back-to-back”, due gare consecutive. Al Gran Premio Germania di questo week end seguirà, a distanza di sette giorni, quello di Ungheria, e parte della squadra non rientrerà in sede dopo la prima delle due gare.
Hockenheim è una pista storica, che porta tanti ricordi. Alcuni belli (le vittorie di Berger nel ’94 e di Irvine cinque anni dopo, quella rocambolesca di Barrichello nel 2000, per arrivare ai trionfi di Schumacher) e altri tristi, come le tragedie di Clark e Depailler e il dramma di Pironi. Ma di quel circuito resta ben poco. Il vecchio tracciato era di quelli senza compromessi: la chiave di tutto era la velocità in rettilineo, e ai box, ancora negli anni Novanta, l’inventiva regnava sovrana, con soluzioni improvvisate come quella di segare i perni del flap anteriore per abbassarlo ulteriormente, o addirittura montare (in prove libere…) quattro gomme anteriori per ridurre la resistenza aerodinamica! Spettava poi al pilota compensare con l’abilità di guida alla mancanza di carico nel Motodrom, il tratto più guidato e più caratteristico.
La pista inaugurata nel 2002 ha ben poco di tutto questo: i rettilinei che si perdevano nella foresta sono spariti, oggi il circuito non arriva a cinque chilometri di lunghezza, ma offre una combinazione di curve lente, medie e veloci. L’ultimo settore è quello che può mettere in crisi le gomme, specie le posteriori. La tripla zona DRS, per contro, potrebbe dare riscontri interessanti in termini di velocità massima.
L’affluenza di pubblico per questa edizione (la gara torna in calendario dopo avere saltato il 2017) promette di essere interessante. Chissà se rivedremo le lunghe file di tifosi, all’uscita del circuito, che aspettano i piloti fino a tarda notte. La leggenda vuole che qualcuno si nascondesse nel baule dell’auto o indossasse parrucche e barbe finte per non farsi riconoscere…