Novantatré anni e non sentirli: il circuito di Spa-Francorchamps è il “nonno” degli odierni tracciati di Formula 1, nonché il più lungo con i suoi sette chilometri. Ma la pista originale, inaugurata nel 1924, farebbe impallidire quella attuale per lo sviluppo (quasi quindici chilometri!) e soprattutto per l’estensione.
La configurazione attuale esiste, con qualche modifica, dal 1979, e la pista delle Ardenne ha ospitato la maggior parte delle edizioni del GP Belgio, non solo negli anni Venti ma anche dal primo anno (1950) della Formula 1, alternandosi brevemente con Nivelles e Zolder nei decenni ’70-’80. Impossibile non ricordare che proprio Zolder, nel 1982, si portò via Gilles Villeneuve. Nivelles, molto meno conosciuto, era invece un tracciato di meno di quattro chilometri non lontano dalla capitale belga Bruxelles.
Per tutti i piloti, Spa rappresenta una sorta di accademia. Uno dei tracciati che “fanno la differenza”. Non a caso Michael Schumacher ci ha vinto sei volte, Ayrton Senna cinque. Quattro successi li ha collezionati Kimi Raikkonen e due di questi – nel 2007 e 2009 – con la Ferrari.
Tutti associano Spa all’Eau Rouge e al Raidillon, alla micidiale compressione verticale che pilota e vettura subiscono nel cambio di pendenza. Ma pochi, forse, sanno che oggi le curve più impegnative, anche per il fisico, sono altre. Pouhon e Blanchimont sono due “pieghe” in cui si raggiungono carichi laterali fra i più elevati di tutto il calendario. E quest’anno, con nuove regole aerodinamiche e le gomme larghe, si stimano valori da capogiro. E a proposito di pneumatici, l’introduzione della gamma più tenera – Soft, Super Soft e Ultra Soft – dovrebbe aggiungere nuovi motivi di interesse a una corsa che per tradizione, ambientazione e atmosfera, si merita un posto di diritto fra le regine della categoria.