La Ferrari e gli Stati Uniti: un rapporto ricco di gioie e delusioni
27 Ottobre 2014 - 13:42
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Quello che si corre domenica è il 36° Gran Premio degli Stati Uniti inteso con questa denominazione. Sono però in totale 64 le gare di Formula 1 disputate in terra statunitense, tra cui undici edizioni della 500 Miglia di Indianapolis e altri 18 Gran Premi: due, addirittura, nel parcheggio del Ceasars Palace di Las Vegas. Le vittorie della Scuderia Ferrari sono in totale 12, con una percentuale di vittorie pari al 19%.

Indianapolis e poi Sebring. Una gara in America era inclusa nel calendario della Formula 1 fin dalla prima stagione: si trattava della 500 Miglia di Indianapolis, che rimase fino al 1960 nel tentativo, di fatto mai riuscito, di unire i mondi dell’automobilismo europeo e americano. Anche la Scuderia Ferrari tentò la conquista della corsa del Memorial Day, nel 1952 con Alberto Ascari, ma per il milanese quell’avventura si concluse con un ritiro. Il primo vero e proprio Gran Premio degli Stati Uniti si disputò nel 1959 sulla pista di Sebring e venne vinto da Bruce McLaren su Cooper, con la Ferrari di Tony Brooks terza sul podio. L’anno dopo si gareggiò a Riverside, ma la Scuderia non era presente.

La lunga attesa. Per vedere il primo successo Ferrari negli Stati Uniti fu necessario attendere il 1975: Niki Lauda, già campione del mondo, si impose da dominatore a Watkins Glen, la pista alle porte di New York che ospitò 20 edizioni della gara. L’anno seguente fu invece Clay Regazzoni a far festa. Il ticinese vinse, infatti, sulla pista di Long Beach, che per otto anni ospitò il secondo Gran Premio stagionale negli States. A fine anni Settanta arrivarono poi due splendide doppiette: Carlos Reutemann nel 1978 si impose sia a Watkins Glen che a Long Beach, imitato l’anno dopo da Gilles Villeneuve.

Il ritorno ad Indy. Per tutti gli anni Ottanta gli Stati Uniti rimasero in calendario: due gare si svolsero, come detto, a Las Vegas, una a Dallas, sette a Detroit e tre a Phoenix, dal 1989 al 1991. A quel punto gli Stati Uniti sparirono dalla Formula 1. Il Circus ci tornò nel 2000, quando all’interno del catino di Indianapolis venne ricavato un circuito misto che, unitamente alla curva 1 dell’ovale, permise di organizzare otto edizioni del Gran Premio. Ad inaugurare nel migliore dei modi la nuova pista fu Michael Schumacher che si impose con la Ferrari gettando le basi per la conquista del titolo mondiale.

Anni d’oro. Il nuovo circuito di Indianapolis divenne territorio di conquista per la Ferrari che nel 2002 arrivò in parata con le proprie vetture, come alla 24 Ore di Daytona del 1967. La curiosità di quella giornata fu il colpo di gas dato da Rubens Barrichello proprio sul finale, che permise al brasiliano, intenzionalmente o meno, di sopravanzare per appena 11 millesimi il compagno Schumacher. Il tedesco si impose poi per quattro anni a fila, dal 2003 al 2006, il penultimo anno di Indianapolis.

In Texas. Il Gran Premio degli Stati Uniti è tornato in calendario nel 2012 su una nuova pista, il Circuit of the Americas, uno spettacolare tracciato sui saliscendi del Texas disegnato da Hermann Tilke. Per quanto riguarda i piloti della Scuderia Ferrari, nessuno dei due ha mai vinto negli Stati Uniti. Entrambi vantano un secondo posto ottenuto ad Indianapolis, per Fernando nel 2007 e per Kimi nel 2003.