Il Gran Premio d’Italia è la tredicesima prova del mondiale 1976. Un’edizione storica che tutti gli appassionati, almeno quelli più attenti, ricordano per il grande ritorno di Niki Lauda dopo il tragico indicente del Nurburgring. Sei settimane dopo, nonostante le ustioni ancora ben visibili nel suo volto, l’austriaco decise di tornare in pista, affiancando Clay Regazzoni e Carlos Reutemann. L’argentino, ricordiamo, fu scelto da Enzo Ferrari per sostituire Lauda, non più ritenuto all’altezza dopo la botta del ‘Ring. La competitività dell’austriaco scombinò però i piani del Drake, con quest’ultimo che decise si di ingaggiare Reutemann per la stagione ’77, piazzandolo però al posto di Clay Regazzoni. Il Gran Premio d’Italia in questione è attualmente ricordato come l’ultimo appuntamento mondiale dove la Ferrari schierò ben tre vetture.
Tornando alla gara, l’obiettivo di Lauda risultava abbastanza chiaro: contrastare la rimonta di James Hunt, autore di un filotto di risultati che lo avevano riportato in piena lotta per il campionato. I piazzamenti ottenuti in Austria e in Olanda lo avevano infatti riportato a soli due punti dall’austriaco. Nella prima qualifica, condizionata dalla pioggia, molti piloti finirono per non fa segnare un tempo: tra questi anche Clay Regazzoni e James Hunt. Le condizioni della pista apparivano davvero complicate e tutti i piloti fecero segnare dei tempi davvero alti.
La pole provvisoria andò Hans-Joachin Stuck su March, davanti a Ronnie Peterson e Jacky Ickx. Il vero protagonista del weekend, ovvero Niki Lauda, chiuse la prima qualifica con il diciannovesimo tempo, fermando il proprio cronometro sul 2’35″25. Il giorno seguente, con pista asciutta e temperature molto più alte, Jacques Laffite strappò la pole position del Gran Premio d’Italia, seguito da Jody Scheckter, Carlos Pace e Patrick Depailler. Da sottolineare la strepitosa prova di Lauda, con l’austriaco che chiuse la propria qualifica in quinta posizione, a circa sette decimi dalla Ligier del francese. Chiuse in nona posizione James Hunt, con quest’ultimo che, insieme a Watson, fu poi squalificato dopo alcune verifiche al carburante. Nonostante le grandi proteste della McLaren, la direzione di gara decise di annullare i tempi dell’inglese, costringendolo a partire con il crono fatto segnare nella sessione precedente, quella condizionata dalla pioggia. Un tempo altissimo, oltre il 110%, che costò la qualificazione all’inglese della McLaren.
Vennero così recuperati Brett Lunger, Arturo Merzario e Otto Stuppacher. Stuppacher aveva però già abbandonato il circuito convinto di non essersi qualificato, Merzario non prese parte alla gara così come Guy Edwards, per un problema sulla sua Hesketh. Ciò fece riammettere, anche se in fondo allo schieramento, Watson e il duo della McLaren, perché il limite del 110% non venne applicato in quanto la sessione del venerdì era avvenuta sotto la pioggia.
Alla partenza, Jody Scheckter fu capace di prendere la testa già alla prima variante, seguito dal poleman Jacques Laffite, Carlos Pace, Patrick Depailler, Carlos Reutemann, Hans-Joachim Stuck e Ronnie Peterson. Nel corso del primo giro Depailler passò Pace, mentre Lauda, atteso protagonista di giornata, fu autore di una partenza poco felice che lo relegò nelle retrovie dello schieramento. Al terzo giro, sfruttando l’attacco di Depailler a Laffite, Peterson si avvicinò alla coppia, riuscendo a scavalcarli. Dopo uno scatto non positivo, Lauda riuscì definitivamente a sbloccarsi, recuperando posizioni su posizioni: al nono giro si trovò settimo, dopo aver passato il terzo ferrarista, Reutemann.
La classifica vedeva quindi al comando Scheckter, seguito da Peterson, Depailler, Laffite, Regazzoni, Brambilla, Lauda e Reutemann. All’undicesimo giro, passando Scheckter alla prima variante, Ronnie Peterson prese il comando della gara. James Hunt, diretto rivale di Lauda per il titolo, dopo un incidente con Tom Pryce, fu costretto al ritiro. Lauda, spronato dal ritiro di Hunt, entrò in zona punti al quattordicesimo giro, passando Vittorio Brambilla alla variante della Roggia. Clay Regazzoni entrò sul podio virtuale qualche giro dopo, passando Scheckter, mentre continuava la serrata lotta tra Peterson e Depailler per la prima piazza. Il sudafricano della Tyrrell perse un’ulteriore posizione il giro seguente, questa volta passato da Jacques Laffite. Poco dopo sul circuito iniziò a cadere una fine pioggerellina. Il direttore di corsa, Gianni Restelli, decise così di esporre la bandiera nera accompagnata da un cartello con una croce bianca, cioè per ordinare ai piloti di rientrare ai box a velocità ridotta in quanto vi era stata la sospensione della corsa.
In realtà solo Emerson Fittipaldi e Alan Jones decisero di fermarsi ai box. S’ipotizzo che pochi piloti conoscessero bene il significato di tale indicazione, introdotta da poco nel regolamento. Prima che la situazione poté essere chiarita la pioggia terminò e, di fatto, la gara proseguì senza nessuna conseguenza per coloro che non si erano fermati. Laffite, che aveva deciso di rallentare per fermarsi ai box, venne così ripassato da Scheckter. La pista si asciugò rapidamente tanto che proseguì la dura battaglia tra Peterson e Depailler, con Regazzoni pronto ad avvicinarsi al duo di testa. Tre giri dopo anche Lauda passò il sudafricano. Al giro quarantasei, Patrick Depailler, penalizzato da un problema elettrico che lo aveva ormai allontanato da Peterson, venne prima passato da Regazzoni alla prima variante, poi da Laffite alla Parabolica. Il francese venne passato anche da Lauda. Peterson vinse per la terza volta a Monza, dopo i trionfi del 1973 e 1974, resistendo agli ultimi assalti di Regazzoni e Laffite. Per la March fu la terza e ultima vittoria nel mondiale di F1. Lauda, ancora menomato per i postumi dell’incidente nel Gran Premio di Germania, giunse quarto.