ControSterzo | Non è (più) una F1 per poveri
27 Ottobre 2014 - 21:00
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Parafrasando un noto (e bellissimo) film dei fratelli Coen, “Non è un paese per vecchi”, possiamo tranquillamente affermare che da diversi anni (nonostante la volontà di abbattere o quantomeno di diminuire i costi) la F1 è diventata la categoria nella quale si fa sempre più fatica a “sopravvivere”.
Diciamolo. Si sapeva ormai da tempo, ma le vicende di quest’ultima settimana che toccano le due “scuderie materasso” della F1 come Marussia, già “erede” della Virgin Racing, e Catheram (ma anche Sauber è in difficoltà) lo hanno evidenziato e portato alla sua conseguenza più estrema: solo le grandi case possono permettersi questo investimento. Sempre se lo vogliano.
Perché la F1, nella gran parte dei casi e togliendo le grandi scuderie, è un investimento praticamente a “perdere”. Dimostrazione di ciò il fatto che negli ultimi anni c’è stato una morìa di team mai vista. Vediamone alcune.

Scuderia come Matrioske. La Honda (che rilevò la BAR) ha abbandonato i sogni di gloria dopo soli 2 anni (2006-2008) cedendo il tutto a Ross Brawn che nel 2009 vinse i Mondiali con la sua Brawn GP. Dopodiché, anche quest’ultima viene rilevata nel 2010 dal colosso tedesco Mercedes sborsando fior fiori di quattrini.
Casi simili ce ne sono molti. Troppi.
Come la Minardi che dopo 20 anni di F1 viene ceduta nel settembre del 2005 alla Toro Rosso, scuderia satellite della Red Bull e culla dei futuri piloti di punta Sebastian Vettel e Daniel Ricciardo.
Altri ritiri eccellenti sono stati la Toyota, che nel 2009 dopo 8 anni decide di chiudere la propria esperienza in F1, e la Renault (erede della Benetton e sostituita poi dalla Lotus F1), quando nel 2001, rimane nel circus come solo motorista, sostituita dalla Lotus F1.
Caso eclatante è poi quello della Jordan. Ritiratasi nel 2005 dopo 14 anni di F1, viene acquistata nel 2006 dalla Midland. Dopo un solo anno anche quest’ultima viene venduta alla Spyker che nel 2008 viene a sua volta ceduta agli indiani della Force India.
Anche la Spagna ha provato a fare un suo team: la HRT, ma l’esperienza si è chiusa dopo sole tre stagioni, nel 2012.
1jordan_trulli_brPoi c’è anche il caso dell’americana USF1: nata e morta senza neppur aver corso un solo Km. Ma in quel caso non furono solo i problemi finanziari a bloccare il progetto.
Citiamo infine la Jaguar. Rilevata nel 1999 la Stewart (nata nel 1997), nel 2005 viene poi venduta al magnate austriaco Dietrich Mateschitz che fondò così la Red Bull Racing, poi vincitrice indiscussa di quattro mondiali piloti e costruttori (2010-2013).
L’elenco poi potrebbe continuare con la Super Aguri (sostenuta tecnologicamente dalla Honda) e la Prost Gran Prix (ex Ligier) che hanno abbandonato dopo pochissime stagioni rispettivamente nel 2008 e nel 2001.
C’è stato poi chi se ne è andato e poi è ritornato. Come la Sauber. Sebbene non abbia mai perso il nome, venne venduta alla BMW nel 2005, e ripresa poi sempre da Peter Sauber nel 2010.

Tra nuovi arrivi e smentite. Insomma, in questi anni ne abbiamo viste di vendite, cambi di proprietà, problemi finanziari, ecc… Segnale che di certo non invoglia altre case automobilistiche a interessarsi al mondo della F1.
Come il caso degli ultimi giorni quando si è sparsa la voce di un nuovo interesse dell’Audi, già protagonista nel mondo dei motori nel WEC e nel DTM. Ma, come sempre, la casa tedesca ha prontamente smentito ogni valutazione inerente alla nuova esperienza in F1.
Situazione particolare invece è quella della Haas F1, già scuderia in NASCAR, che si è prenotata per il 2016 ottenendo anche una stretta collaborazione tecnica con la Ferrari.
Altra new-entry che potrebbe essere Forza Rossa. Ma anche qui, non c’è nulla di certo al momento.

Il “bello” della piccole. Sebbene le scuderie scomparse siano state nella maggioranza dei casi, team di medio-bassa classifica, c’è da dare loro atto di una cosa. Nel corso degli ultimi anni, hanno sfornato talenti e personaggi come Fernando Alonso, Mark Webber e Marc Genè (usciti tutti dalla scuola Minardi), altri come Massa e Raikkonen (Sauber) o talenti come il povero Bianchi. Senza di loro, avremmo mai visto questi talenti avere anche la sola possibilità di guidare un giorno una Ferrari una McLaren o una Red Bull? Difficilmente: quando soprattutto questi team vogliono i risultati nel breve periodo.
Certo, ci saremmo risparmiati piloti come Yamamoto, Yoong, Esteban Tuero, Ide, Tarso Marques, ecc… ma anche questo è il bello della F1, no?
Ora nel futuro appare sempre più concreta l’ipotesi della terza vettura per le grandi scuderie. Di certo, questa soluzione dovrebbe dare una maggiore possibilità ai numerosi piloti dei Junior Team di emergere dalla penombra e dalle serie minori.