La 66esima edizione della Total 24 Ore di Spa sarà ricordata per lo splendido duello finale tra l’Audi #1 del WRT e la BMW #7 del Marc VDS Racing Team ma anche per la sequenza e la gravità degli incidenti che si sono succeduti durante la corsa.
Dopo una prima ora relativamente tranquilla con 61 concorrenti in pista, le cose hanno iniziato a prendere una brutta piega con una serie di crash in sequenza. Ad ogni restart, dopo la fase di neutralizzazione, seguiva un grosso incidente probabilmente a causa delle gomme non in perfetta temperatura. Dopo il crash all'”Eau Rouge” della Ferrari 458 Italia del Russian Bears di Maleev, alla successiva ripartenza è stata la McLaren del Von Ryan Racing di Tim Mullen a schiantarsi prima di “Blanchimont”. Una terza consecutiva neutralizzazione si è resa necessaria quando al restart è stata la MP4-12C del Boutsen Ginion Racing di Karim Ojjeh a sbattere sempre all'”Eau Rouge”. La successiva ripartenza è stato ancora più disastrosa: la seconda vettura del team dell’ex pilota di Formula1, Thierry Boutsen, e guidata da Alex Demirdjian, è coinvolta in una maxi carambola generata dalla Ferrari del GT Corse by Rinaldi di Tim Müller al “Raidillon”. Sono implicate nel crash anche l’Aston Martin V12 Vantage GT3 del team Beechdean AMR di Andrew Howard e la 458 Italia dell’AF Corse di Andrew Danyliw. A riportare conseguenze è quest’ultimo che verrà trasportato all’ospedale di Verviers per una TAC. Danyliw fortunatamente è cosciente mentre Mullen, anche lui trasferito in ospedale , sarà dimesso poche ore dopo.
Attimi di terrore alcuni minuti più tardi per un altro incidente a “Blanchimont” che ha coinvolto Marcus Mahy, pilota della Ferrari #111 del Kessel Racing, e l’identica vettura del GT Corse by Rinaldi di Vadim Kogay, avvolta dalle fiamme. Il pilota del team svizzero è trasferito prontamente in elicottero in ospedale nella serata di sabato ma fortunatamente Mahy risulta vigile, reagisce agli stimoli e muove gli arti nonostante resti ancora in osservazione al CHU di Liegi.
Con i piloti professionisti all’attacco sin dalla bandiera verde, come una si trattasse di una gara sprint, e con i gentleman che hanno avuto maggiore difficoltà nella gestione degli pneumatici, la situazione è rapidamente degenerata. A contribuire al “destruction derby” di Spa ci ha pensato la pista disseminata di detriti che, nonostante l’ottimo servizio del personale, hanno compromesso l’integrità dei pneumatici.
Partendo dal presupposto che in una gara di questo genere poter accettare iscrizioni solo di piloti “Pro” è irrealizzabile, sia per i budget richiesti che per il “target” di pilota a cui queste vetture sono rivolte, sono necessarie altre modifiche a livello normativo. L’introduzione di un “Code 60” o di una “Slow Zone” in modo che i piloti possano tenere in temperatura gli pneumatici, potrebbe essere una soluzione per permettere ai marshall di effettuare in modo ottimale tutte le operazioni di ripristino della pista e ai piloti di continuare a gareggiare in sicurezza.
Ciò è valido per Spa ma anche a Le Mans, Daytona e al Nürburgring, in Formula 1 come nelle gare riservate alle GT. Un motivo di studio e di approfondimento che la Federazione non deve sottovalutare.
Rimane comunque il fatto che è innegabile che lo sport motoristico a 2 e 4 ruote non sia sicuro per definizione ma questo fa parte di uno spettacolo che è avvincente anche per il suo lato più crudo. Il pathos e l’emozione che si crea, il vedere qualcosa di eccezionale fatto in un modo eccellente è una parte del fascino di questo sport.