Il Gran Premio d’Italia è una corsa dal sapore speciale, soprattutto per la Scuderia Ferrari. Lo sa bene Andrea Stella, quarantaduenne ingegnere di pista di Fernando Alonso. In un’intervista rilasciata al sito ufficiale Ferrari, Stella ha raccontato le proprie esperienze collegate al tracciato di Monza, facendo ben capire le forti emozioni che si provano durante il week-end italiano. “Monza è la Formula 1. Ormai andiamo a correre in tanti luoghi che hanno una tradizione molto relativa ma quando arriviamo al circuito brianzolo si capisce immediatamente che siamo in un posto speciale. E lo è ancor di più per noi che vestiamo la maglia della Scuderia Ferrari. Da quando si parcheggia fino ai tornelli d’entrata del paddock ci sono tantissimi tifosi che ti fanno sentire veramente la passione che circonda il Cavallino Rampante. E’ vero che anche nel resto del mondo ci sono tanti appassionati della Ferrari ma quello che si prova in quelle centinaia di metri che si fanno a piedi a Monza è incredibile. E’ davvero la nostra gara di casa!”
Successivamente Andrea Stella ha raccontato la prima volta a Monza con i colori della Ferrari: “Avevamo già vinto entrambi i titoli (2002) e si era deciso di fare un po’ di sperimentazione in vista della stagione successiva così mi ritrovai ad esordire come veicolista di Michael Schumacher al posto di Chris Dyer. Ricordo che avevo una certa soggezione verso quella che mi appariva come una squadra di giganti: Michael, Jean Todt, Ross Brawn, Rory Byrne, tutti lì insieme in pochi metri quadri. Invece trovai tantissima professionalità e supporto da parte loro e da tutti gli altri tecnici. Fu un weekend bellissimo: Michael non vinse ma lo fece Rubens e così potemmo festeggiare una grande doppietta. Da lì prese il via il mio rapporto con Michael, che è stato così importante per la mia crescita, non soltanto dal punto di vista lavorativo ma anche da quello umano”.
Sono tantissimi i ricordi che si affacciano nella mente di Stella quando ripensa alle “sue” Monza. “E’ un mix di emozioni, fortunatamente sono più quelle belle di quelle brutte. Nel 2003, ad esempio, c’era una grande tensione alla vigilia perché venivamo da una battuta d’arresto a Budapest e perché Michael, Montoya e Raikkonen erano tutti lì, racchiusi in appena due punti. La settimana precedente ai test avevamo faticato a trovare un assetto buono e solo all’ultimo, quando mettemmo in macchina un’ala posteriore che non era sulla carta la migliore ma si sposava perfettamente con la settima marcia che avevamo scelto, le cose sembrarono indirizzarsi nella giusta direzione. In qualifica e in gara fu una lotta serratissima con un Montoya irriducibile. Per me in realtà la domenica fu piuttosto semplice perché la telemetria non funzionò per tutta la corsa, che seguii da un monitor all’interno del box quasi come un semplice telespettatore. Che bello quando Michael tagliò il traguardo! Capimmo che quel successo avrebbe indirizzato il mondiale nella maniera migliore per noi”.
Stella fa inoltre un riferimento ad Alonso, ricordando soprattutto le gare del 2006 e del 2010: “Nel 2006 Fernando era il nemico, sportivamente parlando, e quando la sua Renault ruppe il motore sul rettilineo principale non nascondo che provai una grande gioia, anche se è sempre brutto festeggiare i problemi altrui. Michael vinse quella gara, proprio il giorno in cui annunciò pubblicamente il ritiro, una decisione che ci aveva anticipato un po’ di tempo prima: sembrava che quella stagione potesse concludersi con un’apoteosi invece sappiamo che, purtroppo, non fu così. Nel 2010 Fernando era al suo primo anno con noi e il giorno del suo successo a Monza è forse uno dei più belli della mia vita professionale e, magari, non solo di quella. Pole position il sabato, una partenza che ci fa perdere una posizione su Button poi ripresa grazie ad un magico pit-stop e poi via fino alla bandiera a scacchi… Davvero un giorno stupendo!”
Non sempre però i ricordi coincidono con le vittorie: “E’ vero, non necessariamente bisogna vincere per portarsi dietro delle belle emozioni. Penso al 2007, quando il sabato mattina ci prendemmo un bello spavento dopo che Kimi finì contro le barriere di protezione alla Ascari: eravamo preoccupatissimi ma per fortuna se la cavò soltanto con un forte dolore al collo. Quel weekend la McLaren sembrava imbattibile e temevamo che non ce l’avremmo fatta a vincere il titolo invece quel terzo posto strappato con i denti alla fine fu decisivo per la vittoria. Penso al 2009, ad un altro terzo posto di Kimi: avevamo una macchina nettamente inferiore alla concorrenza e il pubblico capì che quel risultato era al di là del nostro potenziale e lo festeggiò quasi come un successo. Penso al 2011, quando Fernando, quarto in griglia, fu autore di una partenza eccezionale che lo fece transitare al comando all’uscita della prima chicane. Penso al 2012, alla caparbietà con cui lo stesso Fernando rimontò dalla decima posizione in griglia fino alla terza: eravamo stati i più veloci in Q1 e in Q2 ma, all’inizio di Q3, un problema tecnico ci tolse una grande possibilità di fare una pole che avrebbe forse aperto la strada alla vittoria.”